La domanda di Giuda, non l’Iscariota, punta i riflettori sul solito scenario delle attese umane. Ancora una volta sembra che il problema sia la necessità di una manifestazione di Gesù al mondo: solenne, eclatante e straordinaria, al punto tale da convincere chiunque senza riserve.
Invece, nella sera delle consegne per il lungo viaggio dell’assenza, Gesù continua a introdurre i discepoli di allora e quelli di tutti i tempi alla verità di una rivelazione di Dio diversa…
Sommessa… Ordinaria… Debole…
Essenziale, e, per questo, invisibile agli occhi…
Non una meraviglia che si impone da fuori…
Invece, una rivoluzione che fa capolino da dentro…
Il rapporto personale con lui, l’amore scambiato nell’ascolto della sua parola, nell’accoglienza dei suoi comandamenti come cammini di vita vera… tutto questa sarà più che una manifestazione dall’esterno da attendere, piuttosto un suo “prendere dimora” nell’uomo, abitarlo dal di dentro, abitarlo dentro, fin nella sua povertà e nel suo limite, contraddittorio ma capace di Dio.
“Maestro, dove dimori?”
Questa domanda, sulla bocca dei primi discepoli, è anche la nostra… E nostra può essere anche la risposta definitiva…
Dio prende dimora nell’uomo che è amato e che ama…
Sono io la dimora di Dio.
Fatico a crederlo e a viverlo.
Ma è così.
Fonte: Telegram | Pagina Facebook
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