Il biblista don Fabio Rosini commenta il Vangelo di domenica 24 Novembre 2019 – XXXIV domenica del Tempo Ordinario, da Radio Vaticana, dalle pagine di Famiglia Cristiana e dall’Osservatore Romano.
Le pietre possono restare pietre
La tentazione ama il periodo ipotetico: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Ma Cristo non trasformerà le pietre in pane, perché «sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). Se mangiare è necessario per vivere, ancor più necessario sarà dialogare con Dio, che dà la vita.
«Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Ma Cristo non salverà sé stesso, perché ha altro da fare. Dirà poco dopo: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Perché la carne umana possa salvarsi ha bisogno di ritrovare la via al Padre, e allora serve che qualcuno gliela consegni.
Gesù Cristo non salva sé stesso, non è venuto per questo. Infatti «Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò sé stesso» (Fil 2,6-7).
Stiamo per celebrare la Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo. In cosa consiste la qualità della regalità? «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori» (Lc 22,25); i governanti della terra, avendo potere, si sono rivelati spesso niente altro che schiavi del loro potere. I re della terra, in genere, sono re minuscoli, uomini preoccupati di farsi tornare i conti. Eppure promettono talvolta di trasformare le pietre in pane…
La qualità del vero Re è di essere in mezzo a noi «come colui che serve» (Lc 22,27).
Non è sceso dalla croce, ma «offrendosi liberamente alla sua passione» (Preghiera eucaristica II) è salito sulla croce pregando per chi lo crocifiggeva.
Mostrando così che le pietre possono rimanere pietre, che sulla croce si può restare e che i disegni del Padre possono essere accolti.
Per la sua potestà non avremo maggior comodità, ma sarà dischiusa una «via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne» (Eb 10,20). Ha aperto, quindi, il sentiero che, passando per il suo corpo, conduce al Padre.
Non ha salvato sé stesso. Ha salvato noi.
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E la croce diventa porta del paradiso
Per celebrare la regalità universale di Gesù la Chiesa proclama un Vangelo paradossale, quello in cui Gesù viene crocifisso. Sulla croce c’è un epitaffio: “Re dei Giudei”. Sarebbe questo, dunque, il trono del Re dell’universo? In questo frangente Gesù viene insultato in vari modi. I capi religiosi gli dicono: «Ha salvato altri! Salvi sé stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Non negano i miracoli di Gesù, anzi. Sono pronti ad avallare una religione plausibile, conveniente, che procuri benessere. Così si comporta un “eletto”.
I soldati, dal canto loro, rappresentano il potere romano. Il loro insulto, infatti, parla del suo potere dicendo: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso!». Facci vedere che sei un re, comportati da potente. Gesù non dà alcuna risposta a questi signori. Uno dei malfattori interviene. Rappresenta l’umanità sofferente, appesa con Cristo alla croce, con tutti i suoi problemi e la sua amarezza. «Non sei tu il Cristo?».
Va notato che questo ladro afferma che Gesù è il Messia e continua: «Salva te stesso e noi!». Avanti, agisci da Messia! Tiraci tutti fuori da questo massacro! Non è così cattivo questo poveruomo: accade a tutti, nei momenti di difficoltà, di gridare al cielo dicendo: “Fa qualcosa per noi! Perché non ci aiuti? Che Dio sei se non mi salvi?”. Gesù non risponde.
L’altro malfattore entra in scena, e rimprovera il compagno: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». Quest’uomo sa almeno due cose: da una parte di aver fatto del male e dall’altra di essere di fronte a un innocente che non merita quel che loro si sono procurati. Non è poco. Ma poi dice molto di più: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno».
RICORDATI DI ME
Quindi Gesù, quel tizio straziato accanto a lui, è proprio un Re. Alcuni hanno chiesto che scenda, altri di essere salvati, ma costui non chiede di essere tolto dalla croce. Lui dice: «Ricordati di me nel tuo Regno». Vorrei che tu non mi dimenticassi. Mi basterebbe. Chiede di avere spazio nella sua memoria. Niente altro. E Cristo, finalmente, parla. Ma che curiosa la sua risposta! «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso». Hai chiesto un posto nel mio cuore? Hai chiesto una relazione con me? Stare con me vuol dire entrare nel paradiso. Oggi.
La frase di Gesù questo significa: stare in paradiso vuol dire stare con me. E questo accade comunque oggi. Oggi insieme in croce, oggi insieme in paradiso. Il punto è che siamo insieme. Per questo malfattore reo confesso la tenebra diventa un tunnel con una luce alla fine. La sofferenza è ancora lì, ma c’è anche la luce. Ora sa dove sta andando. Perché sa con chi ci sta andando. Infatti, dice Paolo, «se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo» (2Tm 2,11s). Il vero problema è stare con lui. Con lui la croce diventa la porta del paradiso. Questo è il suo potere.
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di don Fabio Rosini