don Ezechiele Pasotti commenta il Vangelo del 9 agosto 2015

don Ezechiele Pasotti commenta il Vangelo del 19 aprile 2015

Nella 19.Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù, tra le mormorazioni scandalizzate dei presenti, dice:

“Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.

Su questo brano evangelico, ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

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[ads2] Il segno (la moltiplicazione dei pani e dei pesci) fatto da Gesù e la sua parola: “Io sono il pane di vita” mettono in crisi la folla presente: il Signore parla di una fame diversa da quella del pane che perisce, annuncia una nuova Pasqua, un nuovo esodo: da questo mondo al Padre. Ma la gente non è disposta a mettersi in crisi: ha le sue idee, le sue pratiche religiose, i suoi schemi…, e tutto questo basta, non vuole altro, anche se proprio questo addormenta quella fame di Dio che Gesù vuole risvegliare. E’ una parola per noi oggi. Davanti a questa dimensione comoda della religione, che non si mette mai in discussione, che ha le sue abitudini, e le sue pratiche…, Gesù diventa scomodo: “Che segno ci dai perché crediamo in te”? La parola di Gesù va nuovamente al cuore del problema: “Non mormorate tra voi”. Il popolo d’Israele – tu ed io – siamo dei mormoratori. La mormorazione nasce dalla non accettazione della storia, della volontà di Dio che conduce la storia per le sue strade. Esclama S. Giovanni della Croce: Per giungere ad un luogo che non si conosce, bisogna accettare di passare per strade che non si conoscono, per dove non si sa. Se non siamo disposti a metterci in crisi, ad uscire dalle nostre piccole certezze, resteremo nei nostri schemi religiosi, ma senza quella fede che dà la vita eterna. Mangiare il pane disceso dal cielo – il pane dell’Eucaristia – significa entrare nella volontà di Dio, insieme a Cristo, il solo che compie la volontà del Padre suo, e gustare la vita che non muore.

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