Nella tredicesima domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù guarisce una donna che aveva perdite di sangue e risuscita la figlia di Giàiro. Alla bambina dice:
“’Talità kum’, che significa: ‘Fanciulla, io ti dico: àlzati!’. E subito la fanciulla si alzò e camminava”.
Su questo brano evangelico, ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:
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[ads2] Il Vangelo di oggi, nella sua semplicità – Gesù cura una donna che ha delle perdite di sangue e risuscita una fanciulla – potrebbe darci un’idea distorta del Signore e della sua missione. Questo Gesù, che si lascia toccare dalla donna, e la guarisce; questo Gesù che pronuncia in aramaico, la sua lingua, una semplice parola su una ragazza morta: “Talità kum”: “Fanciulla, àlzati!” e la rimette in piedi, viva, non è il Signore di cui abbiamo bisogno? L’uomo, che da sempre è alla ricerca di rimedi, di risposte ai suoi mali, alle sue sofferenze, non ha trovato qui il taumaturgo, il guaritore? Di cos’altro abbiamo bisogno? Letto così il Vangelo di oggi è stravolto. Non è certo questo il motivo per cui viene proclamato nella liturgia della Chiesa. La missione di Gesù non è di arrivare lì dove la scienza e la medicina hanno fallito, o non sanno ancora cosa fare, per inaugurare qui sulla terra un’era di pace e di benessere, un “mondo migliore”. Per quanto questo sogno possa attirarci, per quanto esso sia distribuito a piene mani da tanti falsi profeti, rimane un sogno, perché completamente fuori della realtà e contrario alla rivelazione. L’uomo è chiamato a confrontarsi ogni giorno con il male, fisico e morale, malattie e peccato: il mistero di iniquità all’azione nel mondo. Le guarigioni che Gesù opera sono la buona notizia che annuncia che in questo mondo, dominato dal principe del male, dal demonio, è giunta la liberazione di Dio che ridà all’uomo la sua dignità di figlio di Dio, che ricongiunge l’uomo al suo Dio, che gli ridà la vita.
Fonte: Radio Vaticana