Nella 16.ma domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù si ritira in disparte con i discepoli, appena rientrati da una missione, per farli riposare. Ma la folla li segue e li precede:
“(Gesù) vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose”.
Su questo brano evangelico, ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:
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Commuove il Vangelo di oggi, e per un duplice motivo: Gesù ha inviato i suoi discepoli a due a due ad annunciare il Regno e questi tornano gioiosi e stanchi; egli li raccoglie in un luogo solitario per ascoltare quanto hanno fatto ed insegnato, ma anche per farli riposare; dall’altra parte commuove l’ansia e la risolutezza con cui le folle sono alla ricerca di Gesù. Intuiscono dove egli sta portando i suoi discepoli e li precedono. Quando giungono è Gesù che, con viscere materne, si muove a compassione per la gente, “perché sono come pecore senza pastore”. E si pone subito a loro servizio, si consegna a loro con la sua parola e il suo insegnamento. Questa commozione, questa compassione interpella oggi anche noi, pastori e fedeli, davanti alle sofferenze di un mondo che più è agitato dalla politica e dall’economia, dalle logiche del potere e della violenza, più rimane senza pastori che abbiano questo “cuore materno di Dio”, quella misericordia che è capace di piegarsi sulle sofferenza del cuore dell’uomo. Più l’uomo – e le nazioni tutte – restano chiuse in sé, senza Dio, alla ricerca delle proprie sicurezze e del proprio futuro, contro il futuro del bene comune, più quest’uomo – e le nazioni tutte – rimangono meschine, senza speranza: “E’ nei vostri cuori che siete allo stretto” (2 Cor 12,6), esclamava già l’apostolo Paolo. L’eucaristia: l’incontro con la vittoria di Cristo sulla morte, nella comunità dei fratelli, viene oggi a riempire anche noi di questa passione divina per l’uomo, per il piccolo e per il debole.
Fonte: Radio Vaticana