La Parola di Dio di questa IV Domenica di Quaresima – detta “Laetare”, cioè della gioia – ci invita innanzitutto a riflettere sula fatto che la vita umana è un viaggio di ritorno alla Casa del padre compito come umanità. La Chiesa deve vivere sempre di più in Cristoper poter donare vita a chi giace nelle tenebre e nell’ombra di morte.
Tenendo lo sguardo fisso su di lui, la comunità cristiana può alimentare la lampada della speranza. Infatti Cristo, sacerdote e vittima, è il documento con il quale Dio ci dichiara il suo smisurato amore, ci rivela il suo il suo disegno di salvezza e ci invita ad accogliere il suo dono. Noi desideriamo la vita, ma la realtà della morte ci circonda. Perché la vita cresca, bisogna che ci immergiamo nella fonte della vita che è Cristo, bisogna fare della propria vita un dono: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” (Gv 15,13).
Il tempo con Yeshua, istante per istante, acquista un significato nuovo. Egli si presenta come innalzato sulla croce, ma anche come glorificato nella sofferenza. In lui ci è offerta la visione concreta e disarmante dell’amore di Dio. se non distogliamo lo sguardo dal Crocifisso, a poco a poco, come sorgente viva, zampillerà in noi la testimonianza dello Spirito: “Cristo mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20). E questa sorgente mai più cesserà di far sgorgare il suo canto d’amore, dove confluiscono lacrime di pentimento e lacrime di gioia. Per grazia siamo sati salvati mediante la fede!
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Gesù paragona se stesso al serpente di bronzo che Mosè aveva innalzato nel deserto per liberare da morte sicura il popolo peccatore. Per comprendere il passo evangelico di Giovanni bisogna entrare nel mondo dei simboli che caratterizza il quarto vangelo. Il serpente richiama la morte, il male, il veleno ma anche il suo antidoto. Infatti, nelle civiltà con cui Israele era in contatto, esso raffigurava la fecondità. L’innalzamento di Gesù sulla croce costituisce il vertice della sua gloria. La croce, paradossalmente, è il vero trono della sua gloria.
Gesù è la vita, il vero bene, la medicina, l’antidoto di ogni uomo. Nella croce di Cristo si manifesta in tutto il suo splendore l’amore salvifico di Dio. È questa la massima espressione della teologia giovannea: Deus caritas est (Dio è amore)! È l’amore che spinge il Padre al dono del Figlio Unigenito, affinché l’uomo passi dalla morte del peccato alla vita eterna. Il dono però esige l’accoglienza della fede: nel deserto occorreva guardare al serpente di rame. Ora bisogna guardare e credere in Gesù. L’invio del Figlio è per una missione universale di salvezza e ciascuno, aderendovi o rifiutandola, compie una libera scelta che però implica un giudizio.
Come ho accennato all’inizio, oggi è la Domenica della gioia. In questa domenica noi sacerdoti indossiamo i paramenti liturgici con un colore “inusuale”: il rosa. Non perché ci piace Hello Kitty o perché è il colore abituale della donna – a proposito, auguri a tutte le donne per la festa dell’8 marzo appena celebrata! – ma perché, appunto, richiama alla gioia. Dovete sapere, e vi scrivo da storico, il rosa compare nei millenni di Storia dell’Arte, senza però avere una simbologia particolare, come ad esempio il porpora o il bianco. Viene utilizzato principalmente come colore dell’incarnato, nei soggetti umani e nei tessuti, dai Romani in poi. E chi è l’unico uomo incarnato nella storia se non Gesù il Nazareno (altra simbologia…).
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Il rosa era anche un colore molto indossato nel Medioevo soprattutto dagli uomini. Troviamo molto spesso nei dipinti delle tuniche o dei drappi nei Santi di questo colore. Essendo una tinta così tenue, il rosa è il simbolo per eccellenza di innocenza e purezza, secondo soltanto al bianco: Cristo, l’innocente e il puro per eccellenza (altra simbologia…). Successivamente, sono proprio i cattolici a considerare il rosa come un simbolo di felicità e gioia, utilizzandolo nelle celebrazioni della terza Domenica di Avvento (Gaudete) e quarta Domenica di Quaresima.
Viene utilizzato anche per le vesti regali di imperatori e divinità, incarnando così il concetto di sovranità positiva: Gesù è l’unico e vero Re (altra simbologia…). Il viola si rischiara di speranza e diventa rosa. È interessante notare tuttavia come anche nello studio della simbologia dei colori, il rosa/rosaceo è un colore che stimola la positività e doni serenità: Gesù ci dona la pace e la serenità del cuore (altra simbologia…). Ed è proprio questo il ruolo che i paramenti rosa hanno in queste due domeniche speciali: ricordare ai fedeli che anche nei momenti di tristezza, attesa, penitenza può esserci gioia, quella gioia che deriva dal Vangelo e dalla certezza che dopo l’attesa nasce Gesù Bambino e dopo la Quaresima Gesù risorge per noi.
Ma la gioia viene anche dalla croce: essa non è solo simbolo del dolore e della sofferenza, ma è anche simbolo di gioia: Gesù Crocifisso e Risorto è l’unica vera gioia dell’uomo (altra simbologia…). Nel luogo di nascita di San Francesco Saverio, nel castello di Javier, in Navarra (Spagna), nella cappella si trova un singolare crocifisso sorridente. La gioia del sorriso, la gioia di chi ha donato la sua vita fino all’ultimo, la gioia dei santi.
Nella storia della Chiesa ci sono santi particolarmente gioiosi come Don Bosco il quale diceva: “Noi facciamo consistere la santità nello stare molto allegri. Ricordatevi che il diavolo ha paura della gente allegra”. Oppure come San Filippo Neri e San Felice da Cantalice che incontrandosi nelle strade di Roma del fine ‘500 compivano molti scherzi e si prendevano in giro a vicenda. Un’amicizia imperniata sulla carità divina, ma fatta anche di pii scherzi, quegli scherzi che conducono a Dio
Nella conclusione del passo evangelico, Gesù parla della luce venuta nel mondo e che “chi fa la verità viene verso la luce”. Che bello riprendere e riascoltare la famosa canzone Luce di Elisa e associarla a Gesù. L’Amore non ritira ciò che ha dato, non rinnega ciò che è. Preferisce consumarsi nel dolore e nella morte. Ecco, nella notte che circonda la casa di Nicodemo una luce resta accesa: finalmente abbiamo intuito qualcosa del mistero di Gesù. Per ciascuno di noi egli non cessa di offrire se stesso, poiché ci ha amati fino alla fine. Questa è la sua gloria: mostrare nel suo volto sfigurato dalla sofferenza che l’amore di Dio è fedele per sempre, che l’amore vincerà la morte. Anzi, l’ha già vinta! Guidami tu, luce gentile, attraverso il buio che mi circonda, sii tu a condurmi! La notte è oscura e sono lontano da casa, sii tu a condurmi! Sostieni i miei piedi vacillanti (John Henri Newman).
“Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). Tu, Gesù, sei stato umiliato per innalzare noi. Sei stato innalzato sulla croce, come il serpente nel deserto, per attirare tutti noi a te. Per tutte queste cose, ti rendo grazie ed esalto il tuo nome. Che alzino gli occhi e vedano non più me, ma Gesù soltanto! Rimani con me, e allora comincerò a risplendere come Tu risplendi; risplendere in modo da essere luce per gli altri. La luce, o Gesù, proverrà tutta da Te; niente di essa sarà mia. Sarai Tu a risplendere sugli altri attraverso di me (Madre Teresa di Calcutta).
N.B.: Vi invito a seguire la prima stagione della serie tv The Chosen, in onda su TV2000 ogni lunedì alle 20,55, che racconta la vita di Gesù. Un serie di successo dove viene messo in risalto il Gesù umano. Ma soprattutto un Gesù che attraverso la sua luce divina cambia la vita dei suoi discepoli, cambia la vita ogni uomo, cambia la vita di ciascuno di noi uomini del presente.
A cura di don Donato della Pietra.