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don Domenico Bruno – Commento al Vangelo del 20 Marzo 2024

Commento al brano del Vangelo di: Gv 8,31-42

Nella prima lettura di oggi il re Nabucodònosor costringe i tre giovani a rinunciare al proprio Dio e adorare la statua d’oro che ha fatto erigere. I tre confidano fortemente nel Signore il quale, quando i giovani vengono buttati nella fornace ardente, li salva e mostra la sua grandezza. I tre non sanno come Dio li avrebbe salvati, ma hanno atteso con fiducia piena il suo intervento. Avrebbero potuto volare via, avrebbero potuto vedere morire il re, invece Dio ha mandato un angelo a difenderli dalle fiamme. Essi non si sono bruciati e il re ha capito che il Dio in cui confidavano i tre era vero e potente.

A volte cerchiamo di dire a Dio come intervenire, invece, avere fede significa essere convinti che Dio non abbandona e in qualche modo sta intervenendo.

Il Vangelo di oggi ci dice proprio questo: Gesù sottolinea che è suo discepolo chi resta saldo, cioè si affida, alla sua parola che è una parola di vita eterna, ossia Dio non lascerà che alcuno dei suoi figli muoia o resti deluso, ma deve restare saldo anche quando non riesce a comprendere come potrà intervenire il Padre. Restare nella parola di Cristo significa avere forza (e richiederla continuamente) per resistere alla prova.

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Trovo grandiosa la parola che consegna Gesù: “chiunque commette il peccato è schiavo del peccato”. Il Signore non promette che i suoi discepoli resteranno immuni dal peccato, perché questo è legato alla nostra natura umana. Tuttavia, chi aderisce volontariamente al peccato, alla sfiducia, e ogni volta che cade crederà di non valere niente e che non vale la pena credere in Dio, resterà schiavo del peccato, cioè non avrà mai la capacità di entrare nel regno dei cieli, perché si fermerà prima. Al contrario, se abbiamo la ferma consapevolezza che, essendo figli, Dio non ci abbandona, allora saremo davvero liberi e avremo sempre la forza non solo di rialzarci, ma di non cadere di nuovo nello stesso errore.

Quando abbiamo la convinzione che qualcosa ci appartiene, non dubitiamo mai che qualcuno o qualcosa possa impedirci di prendercela. Se un figlio smarrisse un genitore e per anni si impegnasse a cercarlo fiducioso che anche il genitore lo sta cercando, prima o poi lo ritroverà, ma se si lasciasse convincere che ormai è tutto perduto e che quel genitore non sa che farsene di lui, allora smetterebbe di lottare illuso dal fatto che non potrà mai farcela e che è destinato a restare solo, e sopperirà a quella mancanza nei modi più impensabili e disumani.

Così Dio padre è sempre alla ricerca di quei figli che, nonostante le loro infedeltà, sanno di essere comunque amati e che c’è sempre un posto per loro. C’è bisogno, però, che quei figli non si arrendano e continuino a camminare per tornare alla casa del padre.

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