don Cristiano Mauri – Commento al Vangelo del 7 Luglio 2020

Ascolto E Sguardo

Il commento al Vangelo del giorno di don Cristiano Mauri.

Il brano di oggi è composto da tre parti: il racconto di un esorcismo, un piccolo sommario sull’attività evangelizzatrice di Gesù e infine una sua reazione all’incontro con le folle, alla quale è associata un’esortazione rivolta ai discepoli che fa da apertura al successivo discorso missionario.

Il racconto della guarigione è volutamente succinto perché i lettori si concentrino sulle reazioni che provoca.

La folla ha una risposta senza dubbio positiva, benché non si possa certo parlare di una fede piena e compiuta. Diciamo che la gente comune accetta Gesù, fermandosi però alla dimensione esteriore dei fatti prodigiosi.

I farisei, invece, muovono una pesante accusa nei suoi confronti, sostenendo che i miracoli siano la prova della sua alleanza con il diavolo. Matteo introduce così il tema della spaccatura che il Messia causerà nel popolo e che porterà al suo rifiuto e alla sua morte.

Dopo aver dato conto dell’instancabile peregrinare di Gesù tra i villaggi e le città, Matteo introduce il discorso missionario che occuperà il capitolo 10, con un incontro tra Gesù e le folle, dal quale raccoglie l’atteggiamento fondamentale che dovrà caratterizzare anche il ministero d’annuncio degli apostoli.

Al vedere la gente, Gesù prova compassione. Il verbo che la descrive è molto bello perché indica un grande e profondo trasporto interiore, una commozione che scuote fin nell’intimo.

Il Messia sembra avere quella gente letteralmente nel suo grembo. Non sono qualcuno per i quali semplicemente “fa qualcosa”. Sono realmente parte del suo essere.

La missione dei discepoli mette radici proprio in questo sentimento. Perciò, il primo passo missionario vero e proprio, sarà la conversione dei loro cuori al modo di sentire del Maestro. Senza quella compassione, non c’è missione cristiana che possa essere considerata davvero tale.

Le folle agli occhi di Gesù appaiono, letteralmente, «tormentate, lacerate, angustiate come schiacciate a terra». Sono parole forti che indicano condizioni di grande sofferenza e prostrazione.

Ci si aspetterebbe quindi, da parte di Gesù, l’invito a rimboccarsi subito le maniche e a darsi da fare, invece il primo ordine è spiazzante: «Pregate».

Il nucleo incandescente dell’esperienza del discepolo è la relazione con il Padre, nella quale radicare sé e coloro a cui si è legati.

In quella preghiera c’è l’ammissione della propria inadeguatezza, la dichiarazione che la salvezza proviene da un Altro, il riconoscimento immediato del fatto che la missione è fuori portata.

Dunque è una presa di consapevolezza che permette di dare poi alle proprie azioni la giusta misura e la corretta direzione.

Non c’è annuncio più trasparente ed efficace del vivere intensamente e appassionatamente il legame con il Padre, rendendo palese la totale, serena e fiduciosa dipendenza da Lui.

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Fonte: il sito di don Cristiano

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