don Cristiano Mauri – Commento al Vangelo del 4 Ottobre 2021

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  Spezzare le catene.

Il commento al Vangelo del giorno di don Cristiano Mauri.

Nei capitoli 11 e 12, posti tra il discorso missionario e quello in parabole, Matteo raccoglie una serie di detti di Gesù collocandoli in un contesto di carattere narrativo riguardante le diatribe con alcuni membri di Israele.

Nei due capitoli si ripete frequentemente uno schema preciso: incredulità e rifiuto nei confronti di Gesù quale Messia, seguiti da parole di invito e accoglienza.

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I versetti che commentiamo seguono i severi rimproveri che Gesù ha rivolto alle città attorno al lago – Corazin, Betsaida, Cafarnao – nelle quali la sua parola non ha trovato spazio.

In tutta risposta al rifiuto ricevuto, Gesù esplode in una preghiera di lode fatta ad alta voce e il motivo della sua esultanza va bene inteso.

Non gode certo perché ai sapienti sono inaccessibili i misteri del Regno, bensì gioisce del fatto che vede il Vangelo farsi strada nonostante le resistenze di alcuni.

I «sapienti» vanno qui identificati con l’aristocrazia religiosa di Israele, l’élite che aveva la pretesa di comprendere e possedere le chiavi dei misteri di Dio. I «piccoli» sono da intendersi letteralmente come degli ignoranti, immaturi, sempliciotti.

Più che l’ammissione di una sconfitta – Dio ha fallito coi sapienti – nell’esultanza di Gesù c’è l’annuncio di una vittoria: il Regno è rivelato proprio a chi, apparentemente, ha meno possibilità per comprenderlo.

Il vero sapiente, peraltro, è proprio lui. La conoscenza tra il Figlio e il Padre è perfetta, in virtù del suo spirito di affidamento.

Per questo invita a sé oppressi e afflitti. Lo fa sulla scorta della tradizione nella quale la Sapienza chiamava gli incolti che la cercavano in una vita di obbedienza e giustizia.

Il giogo stesso, in ambito religioso, fa riferimento al «giogo della Sapienza» nel senso della sottomissione alla Legge, associata però a un’esperienza di soddisfazione e gioia, di libertà e gratificazione.

Qui è Gesù che chiama, con la sua Sapienza fatta di mitezza, umiltà, affidamento al Padre.

Si rivolge a tutto l’Israele affaticato dal modo in cui scribi e farisei lo hanno caricato della Legge e della necessità di osservarla e descrive la sua chiamata come un sollievo piuttosto che un’occasione di fatica.

Quale differenza tra Lui e i maestri della Legge? L’espressione «mite e umile di cuore» allude a un atteggiamento interiore di abbassamento, tipico di chi si mette in secondo piano per il bene dell’altro.

Gesù vive ciò che insegna, perciò la sua è una chiamata mite e umile, a pieno servizio della persona, niente affatto violenta, oppressiva, impositiva, minacciosa o ricattatoria.

Per questo camminare con Lui in affidamento al Padre è riposante, dà respiro alla vita, allarga i polmoni della fede, fa sollevare il capo e vivere con speranza e ottimismo. […] Continua a leggere il commento qui…

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