Cena povera
Il commento al Vangelo del giorno di don Cristiano Mauri.
I capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo hanno deliberato l’eliminazione di Gesù (26, 4). Giuda sembra cogliere l’occasione al volo e si reca da loro per contrattare la consegna.
Matteo non manca di evidenziare la sua appartenenza alla cerchia più intima di Gesù, facendoci avvertire l’orrore del tradimento in tutta la sua forza.
Il prezzo del venduto, secondo l’interpretazione più diffusa, doveva essere una somma davvero irrisoria. Ma resta un dettaglio marginale.
Quel che sta al centro dell’azione di Giuda è la consegna (paradidomi è il verbo usato che significa appunto “consegnare”) di Gesù, che lui stesso aveva già annunciato per tre volte (17,22; 20, 8; 26,2).
Il discepolo, più che il «traditore», appare come strumento di ciò che “deve” accadere, pur mantenendo ovviamente tutta la responsabilità personale.
È importante tenere presente che la Passione è storia di Gesù e non dei suoi nemici. A Lui spetta la centralità della narrazione, Lui fa procedere gli avvenimenti, Lui che li interpreta e dà loro valore. Il resto, compresi i personaggi, sono una cornice e così vanno considerati, Giuda compreso.
L’indicazione temporale segna il cambio di scena e l’avvio di una nuova azione. C’è la Pasqua da celebrare e, di nuovo, Gesù appare come colui che muove le cose.
Comanda ai discepoli che gli obbediscono rivolgendosi alla persona che aveva loro indicato con precisione, la quale a sua volta accondiscende alla richiesta.
L’espressione che Matteo usa per indicarla è quella che si impiegava per dire di una persona nota senza nominarla, qualcosa simile a “il tal dei tali”. Gesù, in questo modo, non appare come un indovino che anticipa gli eventi, ma come uno che comanda e le cui parole si compiono.
Fatta notte, Gesù «si stende» (così letteralmente il testo, ricordandoci l’uso del tempo nello stare a tavola) per celebrare la cena pasquale e il ritmo dei gesti tradizionali viene rotto dall’annuncio della sua consegna (di nuovo: «Uno di voi mi consegnerà»).
I discepoli, disorientati e in preda alla tristezza, dubitano delle proprie azioni future, chiedendo a Gesù rassicurazioni in merito.
La risposta chiarisce l’identità del traditore. Il tempo verbale che Matteo utilizza non lascia molti dubbi, perché l’espressione andrebbe tradotta con: «Colui che intinge proprio in questo istante…».
Dopo il detto sul Figlio dell’uomo che colloca di nuovo la circostanza del tradimento dentro il disegno divino, Giuda prende parola con un intervento carico di sfacciataggine, come se non sapesse a chi Gesù si riferisse.
Lo chiama “Rabbi” anziché “Signore”, al modo degli scribi, collocandosi di fatto nella schiera dei nemici di Gesù, che con la sua risposta, sigla la distanza decisiva tra lui e Giuda.
Spunti per la riflessione sul testo.
Quello del Cenacolo è il banchetto dei poveri, degli storpi, ciechi e zoppi, quello della parabola famosa. Non ci sono damerini da corte o chierichetti da sacrestia.
Dice il Vangelo che sono dodici uomini, ma attorno al Pane e al Vino siede il mondo intero, uomini e donne di ogni provenienza e di ogni estrazione.
I piedi e le mani segnati dalla vita. Il viso così sporco dalla polvere e dal sudore del viaggio che si confondono i tratti e non ci si riconosce più.
Così tanta la stanchezza e così annebbiata la mente da non sapere più chi si è. Cosa si è. Chi è buono e chi è cattivo? Chi è fedele e chi è il traditore?
«Sono forse io, Signore?».
La veste della fede con cui siedono a tavola è lacera di dubbi e di errori, consunta dalle domande e dai turbamenti. L’umanità stesa a fianco del Cristo è piagata e piegata dalle tante cadute provate.
La fede che deve accogliere la «nuova ed eterna alleanza» è fatta con la stoffa di vite qualunque.
Agli occhi dei puristi la prima eucaristia è un banchetto di “straccioni”. Gente inadatta e indegna, senza meriti né crediti. Non ci potrebbe essere cornice peggiore al gesto infinito del Dio che si dona.
Eppure è a quelli e a quelle – proprio quelli e proprio quelle – che il Cristo si consegna. E il dono del Cristo consegnato è il vestito più bello che abbiano mai indossato.
Fare di quella Cena un banchetto di cortigiani meritevoli del posto per l’abito lindo della loro impeccabilità, è come prendere la strada di Giuda, quella di chi compra e vende.
Ma Cristo si è donato a tutti e a tutte. Non si è certo venduto al migliore offerente. […] Continua qui…
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