Lasciare andare
Il commento al Vangelo del giorno di don Cristiano Mauri.
Note per la comprensione del brano.
Con l’espressione «Ora avvenne» Luca ci segnala l’inizio di un nuovo episodio. La predicazione e l’azione di Gesù riscuotono un certo successo: la folla gli si stringe attorno attaccandosi – così letteralmente – a lui che non manca di dar loro la Parola di Dio che attendono.
Lo sguardo di Gesù introduce la scena, come in diverse altre circostanze evangeliche. Prima dell’incontro, della chiamata, del coinvolgimento c’è questo contatto a distanza, la sua iniziativa di ricerca, l’indice del suo essere proteso verso l’altro, la spia del suo anticipo di volontà nell’accogliere.
La salita sulla barca avviene senza preamboli né cerimonie ma la richiesta di prendere il largo avviene invece in modo cordiale, umile e cortese. Una volta al largo, Gesù si mette a insegnare ma Luca non vi dedica troppa attenzione, perché ciò su cui intende concentrarsi è il miracolo, con le sue conseguenze e le simbologie legate alla pesca ad esso relative.
Simone appare obbediente e servizievole, restando silenzioso e apparentemente in disparte fino all’invito di Gesù che, ancora, viene formulato in modo cordiale ed elegante.
Nella risposta di Simone, si vedono entrambe le anime che lo caratterizzano: il pescatore e il discepolo. Il primo spiega che non si pesca di giorno, tantomeno da stanchi e dopo una notte infruttuosa. Il secondo si affida senza eccessivi tentennamenti alla parola di colui che chiama «Maestro», o meglio, «capo» – così nel testo – riconoscendogli così immediatamente superiorità e autorità degne di obbedienza.
L’eccezionalità dell’esito della pesca apre gli occhi del discepolo che reagisce secondo lo schema delle apparizioni divine antico-testamentarie: si prostra a terra dichiarando la propria pochezza di fronte alla grandezza del mistero divino. Stare sulle ginocchia è segno di adorazione ma anche questione di vita o di morte perché non si sta davanti a Dio senza morire.
Così, l’invito di Pietro – «allontanati» – non dice affatto il desiderio di troncare con Gesù e il suo dichiararsi peccatore non significa che si senta colpevole. Semplicemente il discepolo dice la sua condizione limitata di fronte al mistero del divino.
La replica del Signore non è una chiamata, bensì una profezia oppure una promessa. Pietro si occuperà ancora di raccolta ma non di pesci, dovrà pescare uomini, o meglio ancora, dovrà «prenderli vivi», che può anche prendere il significato di: «prenderli perché vivano» o ancora per «restituirli alla vita». Ed è su questa promessa che inizia la Sequela vera e propria.
Spunti per la riflessione sul testo.
Simone, di mestiere, cattura. Stende trappole, fa agguati, ghermisce e trattiene.
Le reti vuote non sono solo una sconfitta, sono una minaccia per la vita sua e dei suoi. Per vivere, Simone deve catturare.
La potenza di cattura del Cristo lo spaventa. C’è da difendersi e tenere le distanze da uno così. Chiedere pietà, sperare nella sua benevolenza. Chi può sfuggire dalle sue reti?
Ma il Dio fatto uomo che ha di fronte non è quel che Simone crede.
Di mestiere, Lui anziché catturare «lascia andare».
Dovrà impararla anche Simone, quell’arte speciale del «lasciare andare». Le cose, le persone. Dedicarsi e «lasciare andare». Far vivere e dare vita – amare – in fondo è tutto lì: dare tutto senza che il dono sia mai un credito.
È il paradosso del Vangelo che funziona al contrario: si raccoglie quando si resta a mani vuote.
È il compimento della missione del Maestro: quando l’Amore viene rifiutato e lascia liberi di andarsene, è allora che l’Amore raggiunge il colmo splendendo come non mai e salvando oltre ogni misura.
Perché se il Vangelo dell’Amore di Dio viene rifiutato non ha affatto fallito, piuttosto si sta compiendo nel senso più vero.
Il Cristo nudo, solo, abbandonato. Il Cristo che «lascia andare», che non fa dei legami un vincolo, che non fa del bene una cambiale. Il Cristo che condona il male fatto, che non rinfaccia le promesse tradite, che non ritira l’amore offerto.
Il Cristo in Croce è il Cristo con le reti piene.
Se quando parliamo di evangelizzazione, se quando ci dedichiamo ad essa lo facciamo in termini di «cattura», lo stiamo facendo all’esatto opposto di Gesù Cristo.
Curioso che si parli continuamente della necessità di un linguaggio più accattivante nel dire il Vangelo, di forme capaci di accattivarsi la simpatia della gente, di liturgie più accattivanti per riportare la gente in chiesa, di figure ecclesiali accattivanti per raggiungere i giovani.
«Accattivare», letteralmente, vuol dire «far prigioniero».
Ma pensa te.
[…] Continua qui…
Fonte: il sito di don Cristiano
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