Fanfare e fanfaroni
Il commento al Vangelo del giorno di don Cristiano Mauri.
Note per la comprensione del brano.
Dopo le parabole sul lievito e il granello di senape, nei versetti precedenti, Gesù ha risposto a una domanda sul numero dei salvati e sulla salvezza con il famoso insegnamento sulla porta stretta.
Ora si trova sollecitato da un gruppo di farisei che lo invitano a preoccuparsi della propria incolumità, messa in pericolo da presunte intenzioni omicide di Erode. Al consiglio ricevuto, Gesù risponde con un apoftegma e un oracolo di giudizio.
Va detto che non si possono attribuire qui intenzioni negative ai farisei, Luca non li propone esplicitamente come inviati di Erode e non paiono sospettabili di ipocrisia. Se non li si può definire caritatevoli, nemmeno si può dire che cerchino di sbarazzarsi di Gesù.
Il consiglio ricevuto e la circostanza del viaggio a Gerusalemme che il Maestro ha già avviato, gli consentono di sottolineare che le sue decisioni non sono dettate da alcuna autorità politica. Già sta andando, ma in risposta alla propria missione, poggiando la propria condotta sul solo volere divino.
Probabile che nel testo ci sia traccia di un’antica tradizione circa il tentativo di Erode Antipa di soffocare sul nascere il movimento di Gesù in Galilea o di usarlo a proprio favore.
Il consiglio è rispedito al mittente. Le intenzioni di Erode non lo sfiorano minimamente e Gesù lo afferma paragonandolo a una volpe, animale che nella tradizione giudaica veniva di frequente contrapposto al leone come termine di inferiorità (come dire: «Non sei certo un leone»), per indicare una persona non all’altezza della situazione.
Gesù continuerà dunque la sua attività di guarigione e di esorcismo in tutta serenità, e lo farà «giorno dopo giorno» finché non avrà condotto a pienezza la propria missione («oggi e domani e il terzo giorno sono compiuto»).
Dopo aver affermato che non rinuncerà al suo ministero in quel luogo, il Maestro annuncia che lo completerà a Gerusalemme con la propria morte. Non è una volontà divina la sua fine, ma la conseguenza diretta della autenticità della sua testimonianza che metterà in crisi la città.
A Gerusalemme si rivolge infine con un giudizio, che inizia con un appello carico di affetto misto a delusione per il comportamento tenuto contro i profeti e gli inviati da Dio che già hanno varcato le sue porte venendo respinti e uccisi.
Già in 11, 49-51 Luca menzionava la Sapienza come un’oratrice che lungo la storia di Israele ha richiamato i suoi figli con la voce dei profeti e degli scritti. Ora appare come una chioccia, figura femminile e materna, che intende dare protezione e cura con le proprie ali ai piccoli, i quali rigettano inspiegabilmente l’offerta.
Per questo la «casa» (riferibile sia alla città intera che al tempio, più facilmente a quest’ultimo) sarà lasciata dal Signore che si allontanerà e ciò sarà causa di rovina. Ma non per sempre: sullo sfondo Luca dipinge il ritorno ultimo del Signore con un versetto del salmo 117(118), che verrà alla fine dei tempi a portare la salvezza definitiva.
Spunti per la riflessione sul testo.
Gesù dà a Erode della nullità. Forte.
Non proprio a Erode, forse, ma alle sue presunte intenzioni omicide. Erode semplicemente non è un criterio, la sua voce conta meno di zero.
Molte altre voci interverranno sul cammino di Gesù a tentare di correggerne la rotta e condizionarne l’azione. Non ultimi i suoi stessi discepoli.
Voci che si mescoleranno a quella della Sapienza e del Padre suo, che anche Lui ascoltava nelle Scritture, nell’intimo del proprio Spirito e che sapeva presente anche nella vita saggia di molti uomini e donne.
Non possiamo farla facile e dirci che: «tanto Lui sapeva e non poteva sbagliarsi», perché se così facciamo, neutralizziamo il Vangelo rendendolo incapace di parlarci e allontanandolo dall’esperienza di ciascuno di noi.
Se il suo cuore era cuore di uomo, sapere di qualcuno che come Erode voleva ucciderlo non poteva non suscitare domande, dubbi, paure. Non poteva non insinuare anche in Lui l’idea di scendere a patti, di farselo alleato, di sfruttarne il potere.
Facciamo tutti la quotidiana fatica di decidere a chi e a cosa dare ascolto, di capire sulla base di quali criteri discernere, di quali sapienze considerare affidabili e quali esperti ritenere effettivamente tali.
E questo tempo, più di altri, ci fa sentire che questo processo di cernita è una questione di vita o di morte, per noi e per chi abbiamo vicino.
È difficile scegliere tra le voci, tenere o scartare, prestare orecchio o far tacere. È difficile. Ci si prende, a volte, altre si prendono cantonate. Ci si sente anche estremamente soli, per quanto lo si possa condividere con altri.
Rivederlo in Gesù non toglie la fatica, ma fa sentire che è abitata dal Signore e non finirà in nulla. E questo è un buon annuncio, che chiede un surplus di responsabilità e serietà.[…] Continua qui…
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