don Cristiano Mauri – Commento al Vangelo del 26 Aprile 2021

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Un velo

Il commento al Vangelo del giorno di don Cristiano Mauri.

Ci troviamo nell’ultimo grande discorso pubblico di Gesù nel vangelo di Giovanni. Gli interlocutori a cui rivolge queste parole sembrano essere i farisei, per continuità con la conclusione dell’episodio precedente, quello della guarigione del cieco.

Al centro di questa prima parte del discorso ci sono due immagini famose che Gesù applica a se stesso: il pastore e la porta, entrambi in rapporto con il gregge delle pecore e in contrapposizione con altri personaggi che rappresentano la controparte negativa.

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Il pastore vero viene identificato in antitesi a chi non lo è davvero e a distinguere tra i due sta la modalità di accesso al recinto delle pecore: il proprietario del gregge ha diritto e autorità per accedere al recinto, mentre l’altro per entrarvi deve commettere un illecito dimostrando così di essere un ladro e un soggetto pericoloso.

L’immagine ben rappresenta lo scontro avvenuto poco prima tra Gesù e le autorità religiose, attorno al tema su chi abbia il diritto alla missione di occuparsi del popolo di Dio.

La legittimità del pastore è esplicitata dallo speciale rapporto di conoscenza, confidenza, fiducia e cura che lo lega al gregge. È in virtù di questo legame che le pecore si affidano serenamente al pastore e rifiutano di seguire l’estraneo usurpatore, del quale non riconoscono la voce.

Lo sfondo rurale e anticotestamentario rendono facilmente decodificabili le immagini al lettore, permettendo di intuire immediatamente chi sia il vero pastore, chi siano gli usurpatori e chi sia il gregge (Gesù, autorità religiose, popolo).

Giovanni, però, sottolinea l’incomprensione degli astanti, i quali non sono evidentemente messi in crisi dalla complessità delle immagini o del discorso, bensì dalla propria indisponibilità a riconoscere la vera identità di Gesù.

La loro resistenza dà comunque la possibilità al discorso di specificarsi.

La seconda immagine utilizzata – la porta – è letteralmente una assurdità: Gesù non è una porta e non può ovviamente esserlo. Giovanni opera per slittamento di significati: come la porta è figura di apertura che fa entrare ed uscire, così Gesù è l’unico attraverso cui si può accedere al popolo di Dio e il rapporto con lui è l’unico modo per diventarne membro.

Altri che si arrogano un simile ruolo sono solo degli ingannatori a cui non sta a cuore il destino del gregge e, soprattutto, che non sono in grado di garantire la vera salvezza.

Il passaggio successivo e conclusivo è infatti questo: Gesù è la porta attraverso la quale accedere alla salvezza, al dono della vita in pienezza, simboleggiato dal pascolo.

Il dono presente della vita abbondante è il cuore e lo scopo della missione di Gesù.

Spunti per la riflessione sul testo.

Che cos’è, alla fine, questo legame di cui Tu ci parli?

Sembra Tu non riesca a non dire se non per immagini.
Anzi, sembra che Tu non voglia.

Pennelli, sfumi.
Tratteggi appena come a lasciare di proposito i contorni morbidi e accennati.

Conoscere e chiamare.
Riconoscere e seguire.

Nulla più che suggestioni che non scoprano troppo né troppo definiscano.

Cosa c’è sotto il velo di quelle parole e di quelle immagini?

Si intuisce, certo, il profumo dell’amore, la fragranza dell’amicizia intima e profonda.

Ma come sarà amarTi?
Cosa sarà lasciarsi amare da Te?

Il velo non si alza.
Quasi che non si possa dire più di così.

Come a difendere quel legame da ogni tentativo di imprigionamento in formule rigide che finirebbero per soffocarlo.

Per lasciargli la libertà di adattarsi, prendere sembianze, colori e odori imprevedibili e inimmaginabili.

Perché sia il più universale e personale possibile.

La Vita deve scorrere in quel legame.
La Vita creatrice e creativa che forma e si forma nel dialogo amoroso.
Né prima, né senza di esso.

È una grazia allora il velo delle parole che lo proteggono e lo preservano da chi volentieri lo vivisezionerebbe.
Per la pretesa arrogante di sottometterlo subito a qualche giurisprudenza, a qualche economia o a qualche matematica.

In questo Tuo pudore che libera, c’è il primo dono del Tuo amore offerto a chiunque desidera accoglierlo. Così come potrà e vorrà farlo.
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