La dura fede
Il commento al Vangelo del giorno di don Cristiano Mauri.
Il brano si apre con l’invito a chiedere in una formulazione tripartita che rafforza il valore e ne sottolinea l’urgenza. Chiede, cercare, bussare: tre verbi che avevano una forte connotazione religiosa nell’uso linguistico giudeocristiano.
Qui vengono utilizzati in un contesto che parla di preghiera e dunque vanno intesi come tre sinonimi del volgersi a Dio per ottenere qualcosa.
La ripetizione del versetto 8 che sembra suonare come giustificazione, è invece un semplice rafforzamento del concetto, spostando l’accento sulla promessa del fatto che Dio ascolterà chi prega.
Il messaggio è tanto forte quanto problematico: chiunque chiede ottiene. Senza limitazioni a categorie di persone né condizioni poste all’esaudimento, nemmeno l’insistenza o la perseveranza.
La declinazione al presente di due dei tre verbi, dice che questo è il tempo in cui la preghiera viene ascoltata e soddisfatta. Eppure è esperienza comune che capiti il contrario. L’insegnamento di Gesù sembra un postulato senza dimostrazione.
Gli esempi dell’uovo e del pesce hanno lo scopo di chiamare direttamente in causa l’ascoltatore coinvolgendolo ma non risolvono la difficoltà nel recepire l’affermazione apodittica di Gesù.
È il versetto che chiude il discorso a offrire la via d’uscita dall’impasse. Questo non è un insegnamento che mira a far crescere in chi ascolta la convinzione che fidarsi di Dio è un buon affare. Al contrario, questo è un testo che per essere ascoltato in tutta la sua portata, per essere visto nella sua realtà chiede gli occhi della fede.
Il senso della paraboletta che paragona Dio e i genitori terreni è palese: l’amore del Padre è incommensurabile rispetto a quello umano. Anzi, se tra i genitori umani esistono anche degli esempi di malvagità, mai così sarà per Dio, che conosce solo la via della Bontà.
Più che dare certezze alla fede, in questo insegnamento è la certezza della fede che parla.
Certamente Gesù non pensava né alludeva alla soddisfazione di qualunque richiesta, tantomeno quelle insensate, superflue o frutto del capriccio umano. Bisogna pensare, piuttosto, al necessario per vivere.
Il problema reale della mancata risposta a tante richieste, però rimane. Gesù mancava di senso di realtà e non vedeva la frustrazione di tanti credenti?
È più corretto vedere invece in questo insegnamento carico di certezza di fede, lo spirito pasquale, quello con cui Gesù affronta la sua Passione e Resurrezione. È nella certezza che il Padre suo vuole solo vita e salvezza che Gesù va incontro a una morte che sembra contraddire l’amore di Dio.
Lo spirito di preghiera è lo spirito di chi crede a Dio come Padre della Vita, pur sapendo che il sentiero della croce è quello di ogni discepolo e che l’esaudimento della preghiera non è detto sia immediato né palese.
Spunti per la riflessione sul testo.
Dove li mettiamo in questo Vangelo i genitori che non hanno la possibilità di dare ai loro figli ciò di cui hanno bisogno?
Quelli che vorrebbero tanto nutrirli con un pane, scaldarli in un casa, guarirli con una medicina, ma non ne hanno.
E li chiedono al Cielo. Nulla per sé, tutto per i figli.
Ma il Cielo resta muto, le mani vuote e il cuore straziato dall’impotenza, dal dolore, dalla rabbia, dal senso di fallimento.
Dove li mettiamo, in questo Vangelo?
Dice: «È solo colpa delle ingiustizie tra gli uomini, Dio che c’entra?».
Già, ma se Dio non c’entra perché chiedere, dove cercare, a chi bussare?
E viene da pensare, a volte, che Dio sia proprio uno di quei padri o di quelle madri costretti a guardare i propri figli soffrire per la mancanza del necessario.
Ma a un Dio così sarebbe troppo duro credere. Sì, troppo duro, certe volte.
Almeno quanto il silenzio del Getsemani, quanto la solitudine del Calvario.
Poi viene Pasqua. L’unico vero motivo per cui si può credere. […] Continua qui…
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