Saper pensare
Il commento al Vangelo del giorno di don Cristiano Mauri.
Note per la comprensione del brano.
Dopo avere narrato l’invio in missione dei Dodici, Luca si sofferma sulle opinioni circolanti su Gesù, condensandole attorno alla figura di Erode, che diventa il pretesto per presentare, oltre al suo, anche i pareri della gente.
Caratteristica della versione di Luca è il permanere del dubbio di Erode che appare confuso circa l’identità di Gesù e, per questo, desideroso di incontrarlo per chiarirsi le idee.
L’evangelista non ha intenzione di pronunciare una condanna immediata della figura di Erode Antipa, per quanto poi non ne esca bene dal resto della narrazione.
Luca, nei suoi scritti, descrive il potere politico nei suoi limiti e secondo la realtà e qui è principalmente interessato a presentare l’atteggiamento della corte erodiana nei confronti di Gesù, con l’intento di sollecitare e chiamare in causa i governanti del suo tempo.
Erode è certo un cattivo esempio, ma il primo passo che compie rispetto al movimento di Gesù e dei suoi è porsi domande cercando di capire e vedere. Atteggiamento che Luca mostra di apprezzare e che presenta certamente come opportuno.
Le principali opinioni del popolo vengono in ogni caso esposte, se non altro per mostrare che Erode non ne condivide alcuna. Resta perplesso, convinto solo che non si tratti di Giovanni redivivo.
Le posizioni della gente sono tutte compatibili con il modo di pensare del tempo: il ritorno di Elia che secondo la tradizione non era morto, il ripresentarsi di una figura di grande rilievo come Giovanni, la ricomparsa di uno degli antichi profeti, sono credenze plausibili.
Il popolo vede rifiorire lo spirito profetico che credeva ormai esaurito e giudica il presente con il metro del già visto e conosciuto. Per quanto negativa possa essere la figura di Erode, qui ha il merito di non accontentarsi degli schemi già noti.
Da notare è l’elemento comune della profezia che caratterizza tutte e tre le opinioni. È un dato importante: ciò che colpì la gente dell’operato di Gesù non furono anzitutto elementi messianici o altro, bensì la sua carica profetica.
In effetti, sarà proprio così: le sue parole e le sue opere saranno trasparenza piene delle opere e delle parole del Padre.
Spunti per la riflessione sul testo.
Sapere cosa pensare.
In quella circostanza, di una certa questione, a proposito del tal fenomeno.
La si può affrontare così la fede cristiana: sapere cosa pensare.
A tutto una risposta, su tutto una teoria, comunque almeno un’opinione.
Si può anche immaginare così l’evangelizzazione o la testimonianza della fede: dire agli altri ciò che devono pensare in ogni occasione. Con il rischio consistente di spegnere i pensieri.
Oppure ci si può preoccupare di saper pensare, che è un altro modo per dire la responsabilità di non delegare ad altri il proprio pensiero.
Il Vangelo, che resta detto per tutti una volta per tutte, chiede però di essere pensato e ripensato e di nuovo pensato ancora.
In modo comunitario e in modo personale.
In fondo è quel che han fatto gli evangelisti con le loro comunità quando hanno dato forma alle loro opere.
Martini marcava la differenza non tra credenti e non credenti ma tra pensanti e non pensanti. Dando però per scontato che un credente non potesse che essere sempre e comunque un pensante.
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