Ascolto E Sguardo
Il commento al Vangelo del giorno di don Cristiano Mauri.
Dopo l’esperienza della Trasfigurazione, Gesù e i tre che con lui l’hanno condivisa si trovano subito immersi in una questione attorno alla quale sono radunati diversi attori.
Il resto dei discepoli sta discutendo con la folla e agli scribi – qui in qualità di oppositori di Gesù – di qualche argomento che non viene subito precisato.
All’esplicita domanda del Maestro i discepoli non rispondono, ma una voce anonima dalla folla interrompe il dialogo, attirando l’attenzione su un caso specifico che era, probabilmente, l’oggetto della discussione.
L’uomo, che guarda Gesù come a un Maestro, ha un figlio malato che i discepoli si sono dimostrati incapaci di guarire.
La descrizione delle crisi del ragazzo è molto dettagliata ed evidenzia, certamente, la sua mancanza di autonomia, ma soprattutto il fatto che si trova bloccato nella parola e nella possibilità di esprimersi. Schiuma e digrigna i denti: un linguaggio incomprensibile.
L’incapacità dei discepoli non intende sottolineare le gerarchie di poteri tra loro e Gesù, ma solo preparare l’insegnamento successivo che chiude l’episodio.
La reazione del Maestro esprime stanchezza e impazienza. Sono domande retoriche, il cui senso è sottolineare l’incredulità non solo dei discepoli, ma di tutti gli interlocutori presenti («O generazione…»).
Portato il ragazzo da Gesù, inizia il dialogo con il padre che, interrogato circa la durata della sofferenza, coglie l’occasione per fare un quadro più ampio della situazione, dando l’opportunità di coglierne la gravità estrema e il pericolo mortale.
Se con i discepoli aveva usato modi perentori (il testo dice che aveva «ordinato» loro di guarire il figlio), con Gesù cambia tono facendo leva sulla sua compassione. Dichiara la propria impotenza e domanda salvezza, mettendo al centro non se stesso, non solo il figlio, ma entrambi.
È un «noi» da salvare. Lo spirito ha strappato il ragazzo al rapporto con il padre. Tra loro non c’è più comunicazione e il legame è in pericolo. Il ragazzo è disumanizzato dal vincolo dello spirito e il rapporto con il padre appare come l’alternativa di vita.
Gesù coglie al volo la richiesta incoraggiando la fede dell’uomo che subito dichiara la propria fragilità e il bisogno di maggior solidità nel credere. Il padre ammette di non potersi appoggiare a se stesso e nemmeno alla propria fede. Tuttavia, supplicando il Maestro, dimostra di fidarsi di lui.
L’intervento di Gesù salva il ragazzo, dando l’impressione di un vero ritorno alla vita, tanto che la folla fraintende inizialmente, credendolo morto.
Ai discepoli non resta che imparare la lezione: occorre maggior preghiera. Non certo da intendersi come formula magica da pronunciare nel modo giusto e nel numero opportuno di volte, bensì come relazione di fiducia nei confronti di Dio.
Al padre è chiesto un atto di fede, ai discepoli la preghiera: sono due «decentramenti» da sé all’Altro. Nel fare esperienza del limite, la strada non sembra essere la ricerca di un potere fuori di sé o di una capacità dentro se stessi, ma la conversione a una relazione di fiducia con il Padre.
Fonte: il sito di don Cristiano
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Credo, Signore: aiuta la mia incredulità.