Camminare sulle acque è un segno che Gesù compie per mostrare la sua divinità e interviene dopo una notte di fatica e di paura; entra in relazione con i suoi discepoli presentandosi come “Io sono” — è il nome proprio di Dio — invitandoli a non avere paura ad affrontare con coraggio quella situazione difficile.
Nel mondo biblico, dato che Israele non è un popolo marinaro, il mare è sempre stato visto come un elemento negativo, il simbolo del caos: perciò camminare sulle acque vuol dire controllare le forze naturali, avere la capacità di dominare il male. Mentre i discepoli affondano, Gesù cammina sopra le onde.
È un segno importante che parla a noi, spesso immersi in gravi problemi: abbiamo bisogno che qualcuno ci dia una mano e ci tiri fuori da una situazione negativa in cui da soli affondiamo. Riconosciamo allora che Gesù è la mano che Dio tende a noi peccatori e facciamo nostra la preghiera dell’apostolo: “Signore, salvami”.
Il nostro atto di fede sta nel riconoscere che da soli andiamo a fondo, non ci vergogniamo di ammettere che siamo impotenti: il nostro atto di fede consiste nel tendere la mano per prendere quella offerta da Gesù. Prendere quella mano, concretamente, vuol dire lasciarsi tirare fuori dalla situazione negativa della vita.
La mano che Gesù ci offre è la sua grazia, la sua forza, la sua presenza: afferrare quella mano vuol dire fidarsi completamente del Signore e cedere a Lui il volante della nostra vita e lasciare che ci guidi come vuole fino alla meta.
AUTORE: don Claudio Doglio
FONTE: Messalino “Amen” e Canale YouTube Teleradiopace TV
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