Noi siamo la vigna che il Signore ha piantato e cura con affetto, eppure il profeta denuncia la storia di una vigna che ha deluso; Gesù parte dalla stessa immagine per costruire la sua parabola, indirizzata ai capi dei sacerdoti, che erano proprietari di vigne, ma opera un cambiamento notevole.
Il rimprovero infatti non è rivolto al vigna, ma sono i contadini che la curano ad essere malvagi: anno riconosciuto Gesù come il figlio del padrone, e non gli hanno voluto concedere i frutti, ma lo hanno buttato fuori uccidendolo.
Così il Signore anticipa quello che capiterà davvero a lui. Il racconto ha l’abilità di sorprendere gli ascoltatori, i quali immaginano che Gesù voglia difendere i poveri contadini e chiede ai capi — ricchi proprietari — di perdonare le rivolte degli agricoltori.
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Perciò, alla domanda “Che cosa dovrebbe fare il padrone a quei contadini?” rispondono con durezza: “Sono dei malvagi e bisognerebbe ammazzarli miseramente”. Con sorpresa Gesù approva questo giudizio, ma ribalta su di loro la condanna: “Avete ragione dice — ma quei contadini ribelli siete voi, che non date a Dio i frutti”.
Sono caduti nella trappola, emettendo contro se stessi un giudizio di condanna. Pertanto, se l’immagine suggerisce la nostra relazione con il Signore, significa che tale relazione deve essere fruttuosa: se noi siamo il popolo a cui è affidata la vigna, possiamo dire di consegnarne buoni frutti?
Rispondiamo al dono d’amore che il Signore ci ha fatto? Diamo soddisfazione a Dio?
AUTORE: don Claudio Doglio
FONTE: Messalino “Amen” e Canale YouTube Teleradiopace TV