Il commento alle Letture della Seconda Domenica di Avvento – Anno C. A cura di don Claudio Doglio. Video e trascrizione (non rivista).
Trascrizione generata automaticamente da Youtube e rivista tramite IA.
Con la seconda domenica di Avvento, in questo nuovo anno liturgico caratterizzato dalla lettera C, il Vangelo di Luca ci porta al momento iniziale del ministero pubblico di Gesรน. Ma l’attenzione รจ focalizzata sul personaggio di Giovanni Battista.
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Da abile storico ellenista, Luca inizia il suo racconto con un inquadramento cronologico: รจ l’indicazione piรน precisa che troviamo in tutti i Vangeli in quanto riferimento al calendario.
Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, Filippo suo fratello tetrarca dell’Iturea e della Traconitide, e Lisania tetrarca dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio avvenne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.
L’espressione “la parola di Dio avvenne” รจ tipicamente ebraica; in greco รจ una imitazione, come avviene per la nostra traduzione italiana. Non รจ il verbo “venire” che adopera l’evangelista, ma il verbo “avvenire”, “capitare”, “accadere”. La parola di Dio รจ un evento che si realizza in quell’uomo marginale, Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.
Mentre i grandi comandavano nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio, che corrisponde al 28-29 circa secondo il nostro modo di calcolare gli anni, avvenne qualcosa di importante. Un uomo, nel deserto, sentรฌ la parola di Dio e percorse la regione della Giudea, nei dintorni del Giordano, predicando un’immersione di penitenza e annunciando l’imminente venuta del Messia.
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La figura di Giovanni Battista ci introduce ogni anno all’incontro con il Signore, come colui che ha preparato la strada. ร l’ultimo profeta, quello che ha la possibilitร di dire: ecco, ci siamo; Dio mantiene la promessa.
La prima lettura รจ tratta dal testo del profeta Baruc, un libro deutero-canonico scritto in greco in epoca molto tardiva, che riprende motivi piรน antichi. ร un poema profetico in cui l’autore si rivolge a Gerusalemme, immaginandola come una donna: una donna vedova che ha perso i figli, una donna anziana e triste, vestita a lutto, afflitta e amareggiata dalla vita, la quale sembra non aspettare piรน nulla perchรฉ ha perso tutto.
A questa figura simbolica il profeta si rivolge dicendole:
Togli il vestito nero, togli l’abito da lutto. Rivestiti dello splendore, mettiti il vestito piรน bello che hai, avvolgiti nel manto della giustizia, mettiti sul capo una corona di gloria. Perchรฉ Dio ti mostrerร il suo splendore. Sorgi, Gerusalemme, non stare seduta prostrata nella polvere; alzati, stai in piedi, sali sul monte, guarda: i tuoi figli tornano.
Se immaginiamo la scena, abbiamo qualcosa di poetico e di avvincente: questa donna anziana, triste, in lutto, si cambia di vestito; dal volto scuro per il dolore assume una sfumatura luminosa; le si allarga la bocca nel sorriso perchรฉ vede tornare i figli. La vediamo salire sulla montagna, aprire le braccia con il vestito bello, sorridere di gioia. Perchรฉ? Perchรฉ c’รจ ancora speranza: i figli tornano, non sono finiti. Si erano allontanati nel dolore, ma tornano nella gioia.
Il Salmo 125, gioiello che celebra il ritorno dall’esilio, commenta la stessa immagine:
Grandi cose ha fatto il Signore per noi. Il Signore riconduce la sorte di Sion, riporta all’antica speranza, rinnova la possibilitร della salvezza.
Se adesso siamo nella fase in cui andiamo piangendo, seminando, perdendo quello che abbiamo, siamo sicuri che torneremo con gioia, raccogliendo i frutti di questo impegno.
La seconda lettura ci propone un’esortazione che l’apostolo Paolo rivolge ai Filippesi, convinto che Dio porterร a compimento l’opera buona che ha iniziato in noi. Ci sono giร i segni di questa opera buona: Dio ha cominciato in noi a costruire qualcosa. Anche su di noi รจ avvenuta la parola: c’รจ un incontro. Non c’รจ solo una promessa, c’รจ giร un inizio di realizzazione.
Ebbene, quello che manca ancora il Signore lo porterร a compimento. ร necessario crescere nella conoscenza, nel discernimento, per diventare pienamente conformi alla volontร del Signore.
L’annuncio di appianare le strade, di livellare i monti, di riempire i burroni riguarda proprio la nostra esistenza. ร l’impegno a trasformare il nostro disastrato deserto in un giardino pianeggiante. Facciamo spazio al Signore, lasciamolo operare nella nostra vita.
Fra pochi giorni inizieremo l’anno della Misericordia: facciamo spazio alla misericordia di Dio, togliamo l’abito da lutto, saliamo sulla montagna, guardiamo l’opera che il Signore sta realizzando adesso, nei nostri giorni, nella nostra vita.
La nostra bocca si apra al sorriso, perchรฉ il Signore ha riempito di gioia il nostro cuore.
Buona Misericordia a tutti, che sia autentica e faccia sorridere la nostra esistenza.
AUTORE: don Claudio Doglio
FONTE: Messalino “Amen” e Canale YouTube Teleradiopace TV