Il racconto della Passione secondo Matteo lascia emergere alcuni elementi che caratterizzano il suo lavoro di evangelista: il costante impegno catechetico ed ecclesiale; il compimento delle Scritture con riferimenti ai testi sacri; la forte polemica anti-giudaica.
Nel momento in cui arrivano i nemici per arrestarlo, Gesù aggiunge una breve catechesi: questo è un tipico ritocco del primo evangelista. Anzitutto insegna che non è con la violenza che si vince la violenza; non è con il male che si può sconfiggere il male.
Poi corregge il fraintendimento degli apostoli: Gesù non è debole e bisognoso di aiuto: al posto di dodici uomini, potrebbe avere dodici legioni di angeli, ma non le vuole! Non cerca infatti il combattimento né la difesa. Matteo mette così in evidenza come il Messia scelga liberamente di affrontare la passione; non è costretto, né sorpreso, né impotente.
Gesù vuole che i fatti abbiano il loro corso; ripete e vive di persona l’insegnamento sulla non-violenza, afferma solennemente la propria potenza messianica e, di conseguenza, la libera volontà con cui affronta la passione. Ancora una volta manifesta il proprio compito di realizzare le Scritture: Dio ha deciso di entrare nella storia in modo solidale e vince lasciandosi schiacciare e uccidere.
Infine Matteo narra con ironia la richiesta delle autorità giudaiche presso Pilato, per mostrarne l’inforldatezza e l’inutilità: misero la guardià e non servì a nulla, poi furono loro a comportarsi da imbroglioni e diffusero una falsa notizia.