Visitando il tempio di Gerusalemme, Gesù prova una grande delusione, perché lo trova senza frutti: perciò propone ai capi dei sacerdoti la parabola dei vignaioli, che non vogliono dare i frutti e addirittura uccidono il figlio del padrone. Il racconto ci offre uno schizzo di storia della salvezza.
La vigna infatti nella tradizione biblica richiama il popolo che Dio si è coltivato, e la missione dei servi allude ai profeti. L’ultima fase della storia è segnata dal? arrivo del figlio, l’erede, che viene riconosciuto dai contadini i quali, con maligna lucidità, progettano di eliminarlo per impossessarsi dell’eredità. Nella vicenda del figlio ucciso Gesù allude a se stesso, definendosi <<la pietra che i costruttori hanno scartato>>, ma Dio ha recuperato e posto come fondamento.
Perciò insiste sul passaggio delle consegne: il rimprovero infatti non riguarda la “vigna-popolo” , ma i “vignaioli-capi”. Non si tratta dunque di una condanna del popolo di Israele, né di sostituzione dell’alleanza, bensì di un trasferimento dell’eredità: il patrimonio di Israele, di cui è legittimo erede il Figlio di Dio, viene dato, cioè regalato, ad <<un popolo ché ne produca i frutti>>.
Non è un altro popolo e nemmeno i popoli in genere. Il popolo a cui è affidato il Regno di Dio è quello che lo fa rendere, che ne ricava frutto: questo tema è sommamente caro a Matteo, il quale intende ribadire anche alla Chiesa che l’eredità del regno chiede di poter fruttificare nella vita:Altrimenti siamo da capol
AUTORE: don Claudio Doglio
FONTE: Messalino “Amen” e Canale YouTube Teleradiopace TV
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