L’uscita dal sepolcro di Lazzaro è il settimo segno raccontato dall’evangelista Giovanni: questo è l’ultimo, il vertice, il più vicino alla realtà, e tuttavia resta un segno. Infatti Gesù dà la vita all’amico Lazzaro richiamandolo dal sepolcro, ma non è una risurrezione in senso stretto — solo Gesù risorge veramente dai morti — perché la risurrezione è il raggiungimento della vita eterna, è la pienezza della vita con Dio.
Quella di Lazzaro potremmo chiamarla rianimazione: infatti è un morto che ritorna alla vita di prima, ed è quindi nuovamente destinato a morire. Non è la soluzione del problema prolungare un po’ la vita, perché il problema è la morte in sé. Cristo vince la morte non perché fa tornare indietro Lazzaro, concedendogli qualche anno in più, ma perché permette all’umanità di raggiungere la vita in pienezza.
È un segno quello narrato dall’evangelista Giovanni: in quanto segno fa venire in mente qualcos’altro, perciò l’importante è il suo significato. Quel gesto compiuto da Gesù significa che egli in persona è la risurrezione e la vita, che la possibilità della vita è essere con Gesù, che solo attraverso di lui si può vincere la morte.
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Non è la vita in sé che vince la morte, è piuttosto l’amore che vince la morte, è l’amore di Gesù capace di dare la vita, che vince la morte dell’amico Lazzaro. Perciò questo segno evoca anche la rinascita dell’uomo peccatore: Gesù infatti non è venuto per eliminare la morte fisica, ma per darci una vita qualitativamente eterna.
AUTORE: don Claudio Doglio
FONTE: Messalino “Amen” e Canale YouTube Teleradiopace TV
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