XXVI Domenica del Tempo Ordinario – 25 Settembre 2022.
A cura di don Claudio Doglio.
Ancora una parabola dal Vangelo secondo Luca ci è proposta in questa 26a domenica del tempo ordinario.
Sempre dal capitolo 16 del terzo Vangelo ascoltiamo il racconto parabolico del povero Lazzaro e del ricco “senza nome”.
La tradizione lo aveva chiamato Epulone ma in latino vuol dire mangione è un nome proprio è semplicemente un ricco anonimo vestito di porpora e di Bisso, abiti molto pregiati, che mangiava lautamente tutti i giorni ma era senza nome, senza sostanza, senza personalità.
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Il povero Lazzaro abbandonato davanti alla porta di casa invece è conosciuto al Signore, il suo nome è scritto nei cieli e difatti alla morte dei due la situazione si capovolge e la scena, con cui Gesù ci presenta uno spaccato di aldilà, mostra il povero Lazzaro, quel barbone mendicante, seduto al posto d’onore alla destra di Abramo.
E’ una mensa di famiglia, tutti gli ebrei sono insieme, Abramo è l’antico padre e chi è nel suo seno, cioè a destra vicino a lui spalla a spalla…quel povero barbone. E il ricco che mangiava così bene, vestiva in modo così elegante, si trova nell’inferno fra i tormenti. Non si era mai accorto di Lazzaro quando era seduto all’ingresso di casa sua, e adesso che lui ha bisogno, lo nota subito e chiede una goccia d’acqua. Lui che aveva negato le briciole di pane al povero.
E’ interessante come Gesù scelga proprio dei particolari così minuti per parlare di salvezza: briciole di pane e una goccia d’acqua, la nostra vita eterna, la nostra salvezza si gioca sulle piccole cose, sulle situazioni elementari, nelle relazioni della nostra vita con la capacità di accorgersi dell’altro e di andare incontro alle esigenze dell’altro.
Il ricco mangione ha sempre solo pensato a se stesso e anche nella condizione infernale cerca un po’ di acqua, vorrebbe sfruttare Lazzaro perché intingere il dito e gli bagnasse la bocca. Quando sa che ormai non c’è più niente da fare, pensa i suoi cinque fratelli, cinque ricchi come lui, eleganti mangioni che si stanno godendo la vita…ma rischiano di rovinarsi!
Hanno Mosè e i profeti, hanno la Bibbia, le Sacre Scritture, basta che ascoltino quello che il signore ha detto nella rivelazione e faranno delle scelte con cui non si rovineranno la vita…no! protesta il ricco, ma vuoi mettere se un morto ritorna, cioè c’è un bel miracolo, quelli si convincono e la Bibbia non gli basta.
E drasticamente Abramo conclude dicendo: se non ascoltano la Bibbia non servono nemmeno i miracoli, nemmeno se un morto tornasse indietro sarebbero persuasi.
Gesù ha richiamato dalla morte un amico che si chiamava proprio Lazzaro e non è detto che la scelta del nome Lazzaro dato a questo personaggio di fantasia serva per creare il collegamento con Lazzaro di Betania un morto che è tornato in vita.
E quelli che hanno assistito al prodigio, sono rimasti convinti? Alcuni sì, altri hanno denunciato Gesù alle autorità e da quel momento il Sinedrio prese la ferma decisione di eliminare Gesù e possibilmente anche Lazzaro perché era una prova pericolosa.
Dunque la parabola vuole dire: pensiamoci finché siamo in tempo. La rivelazione di Dio ci offre La Sapienza, da diverse domeniche si insiste su questo tema, non riusciamo a capire bene qual’è il progetto di Dio, come facciamo a seguirlo? Rischiamo di essere idolatri, attaccati ai nostri beni, disinteressati agli altri, chiusi nel nostro egoismo. La Sapienza di Dio ci apre a questa realtà più grande. La parola di Dio ci forma, ci strisce, ci insegna la strada, ma il fatto di saperlo non significa che la percorriamo, ascoltarla però ci è utile perché a forza di sentirla è possibile piano piano metterla in pratica e la nostra mentalità si conforma alla Sapienza del Vangelo.
Ancora un brano di Amos come prima lettura, un altro testo analogo a quello ascoltato domenica scorsa. Amos vissuto nel VIII secolo avanti Cristo fu una voce fortissima contro lo sfruttamento dei poveri, contro la struttura economica oppressiva e in questo caso critica aspramente gli spensierati di Sion cioè quelle persone che stanno bene e non si preoccupano degli altri, mangiano sui loro divani, canterellano, suonano strumenti musicali, si ungono con oli profumati e della rovina di Giuseppe, loro fratello non si curano affatto.
Perciò andranno in esilio, promette, minaccia il profeta in testa ai deportati e cesserà l’orgia dei dissoluti.
E’ una minaccia che purtroppo si realizzerà dopo pochi anni, la rovina di Samaria e un secolo dopo la rovina di Gerusalemme, sarà una conseguenza disastrosa di quell’atteggiamento spensierato, senza pensiero, senza Sapienza, hanno vissuto come se niente fosse, senza pensarci e alla fine è stato troppo tardi.
Uomo avvisato invece noi diciamo che è mezzo salvato, il Signore ci avvisa perché possiamo essere salvati. Al Salmo lodiamo il Signore e ricordiamo le sue opere, libera i prigionieri, da il pane agli, affamati, ridona la vista ai ciechi, rialza Chi è caduto, ama i giusti, protegge i forestieri il Signore si occupa dell’umanità, cura, protegge, aiuta. Ecco La Sapienza, loda il Signore Anima mia, impara a fare altrettanto, e l’apostolo Paolo scrivendo al discepolo Timoteo nel brano che ascoltiamo come seconda lettura, Lo invita e ci invita a tendere alla giustizia, pietà, alla Fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza a combattere la buona battaglia della fede.
La nostra fede è una battaglia, è una buona battaglia, per vivere bene nella mentalità del nostro mondo, che è negativa come era quella di ieri, del tempo di Gesù o del tempo di Amos, non è che oggi le cose siano peggiori…le cose vanno male come sono sempre andate male ma in mezzo a questo malessere c’è qualcuno che ha La Sapienza di Dio, che hai il coraggio di combattere la buona battaglia della fede e così raggiunge la vita eterna.
Chiediamo La Sapienza del cuore e il coraggio per combattere noi questa buona battaglia della fede.
Trascrizione del video seguente non rivista dall’autore.
AUTORE: don Claudio Doglio
FONTE: Messalino “Amen” e Canale YouTube Teleradiopace TV
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