Il commento alle Letture di domenica 24 novembre 2019, a cura di don Claudio Doglio.
L’ultima domenica dell’anno liturgico è caratterizzata come festa di Cristo Re e l’attenzione delle Scritture è orientata al ruolo regale del Signore Gesù. Ma in che modo egli fu re? Secondo lo schema umano non lo fu: eppure accettò di essere riconosciuto come messia e come re. Evidentemente intendeva qualcos’altro!
Mentre Gesù è in croce, Luca ricorda le beffe che gli vengono rivolte: per tre volte egli viene invitato a “salvare se stesso”, perché — se non è capace a difendere se stesso — che razza di re è mai questo? Gesù invece regna donando se stesso: capovolge la logica del prendere e propone la mentalità del dono generoso di sé.
Lo capisce l’altro delinquente crocifisso insieme a Gesù, forse uno zelota che sognava di restaurare il potere giudaico con la forza e la violenza. Adesso riesce a comprendere di avere sbagliato strada e imbocca quella giusta: si affida a Gesù.
È un episodio raccontato solo da Luca con gli elementi di una esemplare scena penitenziale: l’awicinamento a Gesù, la confessione dei peccati, la domanda di perdono e di salvezza, l’assoluzione dalla colpa e il perdono. Sulla croce Gesù fa l’incontro più struggente e il malfattore diventa l’ultimo significativo modello di convertito.
La splendida preghiera del brigante gli apre le porte del regno: consapevole del proprio peccato, questo peccatore si affida al Cristo re e ottiene la giustificazione. La salvezza — precisa Luca avviene oggi: così comincia il regno di Dio inaugurato dalla Pasqua di Cristo