Alla fine della nostra vita dovremo rendere conto di tutto quello che abbiamo ricevuto e di che cosa ne abbiamo fatto; e speriamo che il Signore, in quel giorno, quando lo incontreremo possa dire a ciascuno di noi: <<Bene, servo buono e fedele>>; perché sarebbe davvero un guaio se invece a qualcuno di noi il Signore dicesse: <<Servo malvagio e pigro>>.
In questa parabola il contrario di buono è malvagio, ma insieme Gesù adopera anche l’aggettivo pigro. Un aspetto della nostra cattiveria è proprio la pigrizia, cioè il non fare. All’inizio della Messa quando chiediamo perdono dei vari tipi di peccati, ricordiamo anche le omissioni, cioè le cose che non abbiamo fatto, il bene che avremmo potuto fare, ma abbiamo trascurato.
La pigrizia è un vizio capitale, cioè una radice di peccato: con un termine antico si chiama pure accidia, che vuol dire “mancanza di interesse”. Non avere a cuore il bene, ma rimanere insensibili, indifferenti, è un peccato grave che ci può rovinare: l’atteggiamento apatico di chi non si impegna perché non ne ha voglia distrugge la vita.
- Pubblicità -
I talenti della parabola sono i doni che abbiamo ricevuto: il Vangelo, la Chiesa, la grazia, i sacramenti: che cosa ne facciamo? ci servono per la vita? Se non servono a niente, la colpa non è di chi ha fatto il dono, ma di chi l’ha ricevuto.
La Parola di Dio che ascolto deve servirmi per vivere meglio, la Comunione che faccio deve aiutarmi a diventare migliore: se quei doni cadono nel vuoto, ci rimetto io e anche gli altri.
AUTORE: don Claudio Doglio
FONTE: Messalino “Amen” e Canale YouTube Teleradiopace TV