L’incontro con il Cristo risorto «otto giorni dopo» la Pasqua è caratterizzato dalla figura del discepolo Tommaso, “gemello” di ogni lettore, invitato da Gesù a passare dall’atteggiamento incredulo alla fiduciosa relazione di credente.
Il discepolo che non era presente viene presentato per nome e il narratore ne spiega anche il significato: Dìdimo non è il soprannome di Tommaso, ma la traduzione greca del vocabolo aramaico Tomá’ che significa “gemello”. Se ci tiene a precisarlo vuol dire che lo ritiene importante. L’evangelista sembra suggerire al lettore di riconoscere in Tommaso il proprio simile, facendo con lui l’itinerario di crescita nella fede in Cristo Gesù.
A lui infatti il Risorto rivolge un decisivo comando: «Non essere incredulo, ma credente!». Nell’originale greco questo imperativo è espresso col verbo «divenire» e il tempo presente gli conferisce una connotazione di continuità in divenire: si tratta dunque di un’esortazione alla dinamica di fede, che muove dalla condizione di chi è «senza-fede» per tendere alla realtà di chi è «credente, affidato».
Sulle labbra di Tommaso infine troviamo la più altra professione di fede di tutto il Vangelo: «Mio Signore e mio Dio!». Alla luce di tale confessione si possono intuire altri sensi del simbolico nome “gemello”: dall’essere “doppio”, tipico del dubbio, è passato infatti ad una adesione chiara; inoltre, proprio grazie alla fede, diviene “simile” a Gesù stesso, lasciandosi conformare a lui. Il suo cammino verso una fede matura è anche il nostro!