Il commento alle Letture della XXXIII Domenica del Tempo Ordinario. A cura di don Claudio Doglio.
L’elemento decisivo della parabola sta nel fatto che i tre servi si differenziano per la gestione del patrimonio ricevuto: due fanno fruttificare il deposito avuto in consegna, uno no; i primi due sono lodati e premiati dal padrone, mentre il terzo è rimproverato e drasticamente punito.
La distribuzione del patrimonio è fatta a ciascuno secondo la sua capacità e non si distribuiscono doti naturali secondo le capacità! I talenti rappresentano dunque il patrimonio stesso della fede cristiana che viene affidato a ciascuno, anche se in misura differente, appunto a seconda delle capacità. Essere discepoli di Cristo è un dono e comporta una responsabilità.
Tale patrimonio deve essere messo a frutto: altrimenti è inutile! L’esempio dei primi due servi che, pur con quantità diverse, lavorano e portano frutto serve per dire che questo tipo di differenza non è significativo: pur nella loro differenza, sono entrambi servi buoni e fedeli” chiamati ad “entrare” nella gioia del loro Signore. Il problema è rappresentato invece dal terzo servo il quale, avendo del padrone un’immagine dura ed esigente, è mosso dalla paura e per questo si chiude nella conservazione del minimo.
Egli non ha fatto nulla di male, solo che non ha fatto nulla.
Dietro questo servo “fannullone” compare in trasparenza un gruppo di cristiani, ben noti a Matteo, che non hanno la veste nuziale, non hanno l’olio, non hanno le opere buone della carità e perciò rischiano drammaticamente di essere gettati fuori nelle tenebre.
AUTORE: don Claudio DoglioFONTE: Messalino “Amen” e Canale YouTube Teleradiopace TVCANALE YOUTUBE