Prima delle parole relative alla correzione fraterna l’evangelista Matteo riporta la parabola della pecora smarrita, per ricordarci che questo compito pastorale è di ciascun credente nei confronti del fratello. Ognuno infatti è responsabile dei propri fratelli. È un servizio di responsabilità e di affetto.
Se non ti importa nulla del fratello, vuol dire che sei senza affetto; se invece una persona ti sta a cuore, ti dispiace che commetta una colpa, perché il peccato è un male e quando un fratello ha male ci dispiace e ci diamo da fare per curarlo. Il Signore però non ci propone un rimprovero acido e maligno verso estranei, bensì la cura affettuosa di persone a cui vogliamo bene.
L’atto di carità non è sparlare e criticare chi sbaglia, ma offrire con affetto la correzione alla persona interessata: se è saggia l’ascolta e tu guadagni il fratello. Se non ascolta, non arrenderti, non lasciar perdere: parla al fratello che si sta smarrendo insieme ad altre persone, poi coinvolgi anche l’intera comunità.
Nell’originale greco si adopera il termine ekklesia, che traduciamo con Chiesa, per indicare una preoccupazione comunitaria, cioè uno stile ecclesiale fatto di relazioni fraterne, in cui ognuno è pastore dell’altro, custode del proprio fratello. Se davvero i nostri legami sono affettuosi, siamo legati gli uni agli altri e ci aiutiamo a non sbagliare.
Gesù propone una comunità sinfonica e concorde, che cerca ciascuno per affetto: in mezzo a questa comunità Egli è davvero presente.
AUTORE: don Claudio Doglio
FONTE: Messalino “Amen” e Canale YouTube Teleradiopace TV