don Claudio Bolognesi – Commento al Vangelo del 8 Agosto 2021

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Il vangelo questa mattina ci pone innanzi due problemi, due parole di Gesù. La prima è “non mormorate”. Viene detta ai giudei, coloro che dovrebbero conoscere le dinamiche della fede. Quindi possiamo considerarla rivolta anche a noi oggi. “Fate in modo che la vostra teologia, la vostra spiritualità, la vostra fede, anche la vostra catechesi non siano mormorazione”. Cioè non siano un dialogo tra soli uomini, fatto necessariamente a mezza voce. Ma siano qualche cosa che viene rivolto direttamente a Gesù, alla parola di Dio. Siano un dialogo. Di fatto questo lo è. Lo rimane per forza perché Gesù ascolta e interviene. Però pensate che bello sarebbe se i dubbi che abbiamo, i discorsi che facciamo relativi alla fede fossero qualche cosa rivolto a lui direttamente. Se queste domande, questi dubbi che sono anche nel vangelo i giudei, noi giudei fossimo stati capaci di rivolgerle direttamente a Gesù… 

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La seconda questione che il vangelo ci pone è quello che Gesù dice: “nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato”. Potremmo fare una lettura di tipo protestante. Dire in fin dei conti che la fede esiste soltanto se Gesù, se Dio te la dà. Se non hai fede vuol dire che Dio non te l’ha data. Sapete che il mondo protestante su questo è abbastanza determinista, fatalista se volete. In realtà probabilmente è preferibile – o almeno a me piace di più – un altro tipo di lettura che è collegata a quello che stavamo dicendo riguardo alla mormorazione: è vero che non possiamo parlare di Dio fuori dall’ambito della fede. Cioè è chiaro che la teologia la può fare anche l’ateo. Però non è il tipo di teologia che in questo momento interessa noi. Non parliamo di una speculazione volta ad arrivare a delle verità anche meravigliose ma che non entrano nella nostra vita.

Noi in questo momento parliamo di Dio perché desideriamo essere in dialogo, in rapporto con lui. Essere attratti da lui. Dopodiché il vangelo ci dona alcune cose che sono meravigliose. Ci dice che chiunque ascolta il Padre, chi impara dal Padre va a Gesù. Questo è un qualcosa di meraviglioso. Tira dentro ogni uomo. Ogni uomo di Spirito di ogni religione. Ci dice che chiunque si relazioni col Padre compie un percorso verso Gesù. Che può essere anche inconsapevole, può essere anche non esplicitato. Cioè io posso anche non sapere come si chiama costui a cui arrivo e che mi permette di tornare al Padre. Chi è cristiano in questo senso crediamo che abbia una grande fortuna perché gli viene detto, ne è consapevole. Ma ogni uomo che cerca Dio e lo cerca con cuore sincero – e Dio ama coloro che lo cercano con cuore sincero – viene posto dal Padre in relazione col Figlio. 

Poi c’è questa affermazione di Gesù che è carica di significati: “io sono il pane della vita”. È una richiesta da parte di Gesù di non guardare principalmente al passato. Per gli ebrei – ed era saltato fuori già nel vangelo che abbiamo letto domenica scorsa – parlare di “pane della vita” significava guardare all’esodo, a ciò che Mosè aveva fatto. Gesù ha già spiegato che in realtà quello che è stato fatto è stato fatto da Dio. Ma in ogni caso è un qualche cosa che si muove in un contesto di morte: “i vostri padri hanno mangiato la manna e sono morti”. Per lui questo oggi significa fare i conti con la necessità di guardare avanti. Su questo chi mi conosce sa che se c’è un ambito in cui divento un po’ feroce è quando sento dire: “è sempre stato fatto così, è importante essere fedeli alle tradizioni…”. Certo, è importante essere fedele alle tradizioni. “È sempre stato fatto così” invece fa un po’ ridere. Perché quel “sempre” significa anche soltanto da due o tre anni. Certo è tutto bello però ciò che riguarda il passato è passato. Ha che fare con la morte. Il cibo che ci viene dato non ci serve per vivere il passato. Il cibo che ci è dato ci serve per vivere il presente e per camminare verso il futuro. Se Gesù è il pane, il pane si serve per vivere questo giorno della nostra vita. E riceverlo ogni giorno ci serve per vivere i prossimi giorni della nostra vita. Siccome non abbiamo motivo di pensare che Gesù smetta di darsi a noi come pane di vita, questa vita che ci attende è una vita eterna. Che è fatta di tutti i giorni della nostra vita terrena ed è fatta di ogni istante della vita che sarà dopo. Sappiamo che nel vangelo non viene differenziato – come noi siamo abituati a fare – la vita qui è tutta quanta fatica, però un giorno avremo il paradiso. No il Regno di Dio è qualcosa che Gesù è venuto a portare nel mondo e vive fra noi già oggi. 

L’ultima cosa che probabilmente ha degli orizzonti sconfinati dal punto di vista della spiritualità – l’accenno soltanto – è il fatto che Gesù ci chiede di mangiare la sua “carne”. Parla di carne poi parlerà anche di sangue e e questa è una cosa che per gli ebrei di duemila anni fa era particolarmente sconvolgente. Forse noi oggi dovremmo essere sconvolti dal fatto che non ne siamo sconvolti. I primi cristiani sono stati accusati di cannibalismo – anche se in realtà non c’entra niente, chiaramente -. Quando si parla di “carne” si parla dell’umanità nella sua fragilità. L’umanità dal punto di vista di ciò che viene creato, che vive qui. Il fatto che Gesù ci proponga se stesso come pane di vita nel suo corpo, nella sua carne, nel suo sangue ci dice che noi che continuiamo a cercarlo nella sua divinità nella sua straordinarietà dobbiamo imparare invece a entrare in comunione con lui, a lasciare che lui nutra noi, fortifichi noi partendo dalla quotidianità. 

Faccio solo un piccolo esempio. Qualche giorno fa si parlava con una persona che era passata per confessarsi della difficoltà di trovare il tempo per fermarsi a pregare in certi giorni in cui devi fare mille cose. Ma ci pensiamo mai che se spazziamo per terra, se prepariamo da mangiare facciamo gli stessi identici gesti che Gesù duemila anni fa ha fatto nella sua vita. Se anche solo ce ne rendessimo conto quegli stessi identici gesti ci rendono simili a Gesù. Sono “imitazione di Cristo”. Quindi sono, possono diventare capisaldi della nostra spiritualità. Possono diventare i momenti che ci nutrono. Ci nutrono veramente per la vita eterna.

Buona domenica.

Trascrizione da YouTube, leggermente rivista.