Lo scandalo… la pietra in cui inciampiamo. Il pensiero, l’immagine che c’infastidisce, che rivela la nostra fragilità al punto che non ci rimane altro da fare che negarla. Ai tempi di Caravaggio bastava raffigurare la Madonna come una normale donna. Che muore come muore una poveretta.
Circondata da un dolore troppo umano. Coloro che avevano commissionato il dipinto lo rifiutarono. Maria non poteva stare così in una chiesa, esposta alla devozione dei fedeli. Anche solo per quelle caviglie che mai nessuno aveva osato raffigurare.
Non facciamo gli evoluti, i superiori. Caravaggio non era certo un bravo ragazzo, eppure i suoi quadri nelle chiese ci sono. Noi oggi togliamo statue dalle nostre piazze per molto meno. Ci fu in passato chi aggiunse col pennello le mutande ai nudi di Michelangelo, c’è oggi chi cancella le foto del David dai libri di scuola perché mostra troppo di sé.
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Dal vangelo a volte sembra che con sta storia dello scandalo Tu ci andassi a nozze. Hai rialzato da morte la dodicenne Talithà, donandole una vita e la possibilità di amare. Potresti andare a prenderti gli applausi, passare all’incasso della gratitudine di Giàiro. Invece “esci” da lì – è uno dei verbi preferiti dai Vangeli -. L’azione passa al presente: vieni nella Tua città natale e i discepoli Ti seguono.
Che città è? Boh, non ha un nome. Se il vangelo di Marco non lo dice mai un motivo ci sarà. Perché la terra natale è un luogo rischioso. È il luogo da cui Abramo dovette allontanarsi per trovare la Terra di Dio. In questa città Tu “vieni” – per cui è il luogo dove abitiamo noi -. Siamo sempre al presente, ci abitiamo “ora”. I discepoli Ti seguono. Sembra che abbiano smesso di volerti gestire, tutelare e abbiano iniziato a fare quello per cui li hai chiamati: percorrere la Tua strada. Non solo quella materiale, soprattutto quella interiore.
Il sabato vai nella sinagoga, è quello che ci si aspetta da un maestro come Te. Il racconto torna al passato, riparte la narrazione. Lì insegni e i tanti che Ti ascoltano sono profondamente stupiti, colpiti dalle Tue parole. Noi vorremmo conoscerle ma il Vangelo – dispettoso – non le racconta. È più importante sapere che insegni e che colpisci. Solo Luca proverà a riportare quei contenuti in un brano complesso in cui Ti riveli come il Messia che deve venire, che Isaia ha annunciato. Poi lì riesci a fare arrabbiare tutti al punto che vogliono spingerti giù dalla rupe, ma invece inizia il Tuo cammino tra e dentro di noi.
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Marco all’opposto racconta la domanda che la Tua gente si fa: – da dove vengono queste cose, e i miracoli? Cos’è questa sapienza che Ti è data? -. La domanda di per sé è giusta, bella, grande. Se cercassimo con passione la risposta saremmo salvati. Purtroppo invece rovinano/roviniamo tutto. Prendiamo la via più semplice: Tu sei quello che conosciamo già, uno di noi. Niente di nuovo, tutto a posto.
Quello che c’interessa è l’esito del ragionamento. Poteva essere: – sei così, potente, e sei uno di noi! In Te c’è vita nuova, c’è speranza! -. Invece diventa scandalo. Inciampano in Te. Non possiamo concepire che di tra noi possa spuntare la salvezza. Che ci sia una speranza reale, possibile e concreta proprio per me, per noi. Quindi chiaramente c’è il trucco, c’è l’inganno. Se ciò che conta è da dove veniamo, cosa eravamo un tempo, la nostra “città natale”, le nostre tradizioni, lì i profeti non possono essere onorati. Non hanno cittadinanza. Loro parlano del futuro, di ciò verso cui stiamo andando. Scandalizzano, fanno inciampare perché – è inutile – chi vuole imparare a camminare deve anche cadere e rialzarsi. I Tuoi parenti, la Tua famiglia, lo dicevamo: – siamo noi. Noi siamo quella “città natale” in cui rischi di non essere onorato.
Dopodiché di nuovo ci sorprendi: non puoi esprimere il Tuo potere. Ti limiti alla parte più facile. Ti “scappa” di guarire alcuni malati. Non puoi proprio farne a meno. Sei meravigliato della loro/nostra incredulità. Non Te l’aspettavi proprio! Pensavi che non aspettassimo altro… Illuso! Ma non deluso, né permaloso. Di fronte a questo fallimento, alla delusione, la Tua reazione è insegnare. Investire in crescita, in futuro. Ti troveremo ancora lì, oggi, intento a farlo. Andando nei villaggi intorno.
don Claudio Bolognesi