È normale questa insistenza del Vangelo di Giovanni sulle ferite della Passione di Te, Risorto? Se fosse solo il fatto che mostri le mani e il fianco… è un accenno che troviamo anche in Luca. Ma nel Vangelo di oggi si torna e ritorna sulla cosa.
È Tommaso che Ti provoca – vuole vedere i segni dei chiodi e mettere la mano nel fianco -. Un po’ eccessivo. Forse equivale ad un “non ci credo” espresso in modo colorito. Ma Tu, Gesù, cogli la palla al balzo, una settimana dopo vieni e lo inviti a farlo. Cosa che poi tra l’altro probabilmente non succederà. Il Vangelo racconta che Tommaso ascolta la Tua parola e professa la sua fede, senza approfondire né cosa veda né cosa tocchi.
Il senso generale del racconto ci lascia però una forte sottolineatura sui segni della Passione, sulle ferite della croce – francamente sconcertante. Sì, perché sei il Risorto, ormai nella gloria del cielo. Quelle ferite non dovrebbero esserci più. In Paradiso non rimane solo la gioia? Per intenderci: se ci apparissi qui, ora, cosa vedremmo?
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Quel corpo glorificato con cui sei asceso al cielo, porta ancora i segni aperti dei chiodi, della frusta e della lancia? Il Vangelo di Giovanni risponde senza dubbio di sì. Cosa questa che gli altri non si sognano neppure lontanamente di dire. Perché allora questi elementi sono così importanti nel quarto Vangelo? La prima risposta che ci viene in mente è che sono i segni tangibili del Tuo amore. Mostrano visivamente la realtà del Tuo sacrificio.
Però potremmo obiettare che il Vangelo questo lo ha già raccontato. Non c’è bisogno di tornarci su. Forse allora Giovanni ci sta dicendo che la tua Passione non è terminata. Il dono della Tua vita, completo nel suo essere dato, definitivo nell’efficacia, deve essere ancora realizzato pienamente nella storia di ciascuno di noi. Perché ogni sofferenza esistente fa sì che non siano cessati il motivo e il senso della Tua sofferenza.
È un po’ quello che san Paolo dice nella lettera ai Colossesi (Col 1,24) quando parla del fatto che è lieto perché completa nella sua carne quello che manca alla Tua Passione, e poi aggiunge che il tutto è a favore del Tuo corpo, la Chiesa. Ma ovviamente alla Tua Passione non manca nulla, se non il fatto che noi la accogliamo e facendolo la rendiamo operativa, ne realizziamo il senso. Le manca il fatto che prosegue nella sofferenza di ogni povero, di ogni innocente e, come nel caso di san Paolo, in ogni discepolo che se ne faccia carico.
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Questo brano del Vangelo allora non ha come protagonista Tommaso con i suoi dubbi “scandalosi” (per nulla). Non parla soprattutto della mancanza di fede da parte della comunità verso di Te Risorto. Di questo i Vangeli ci parlano continuamente. Quasi a dirci che non ci può essere fede vera se non c’è assunzione seria di responsabilità verso la nostra personale incredulità. Il protagonista vero sei sempre Tu, Gesù. Con Te è tutta la comunità che da subito (siamo ancora nel giorno della Resurrezione) si ritrova, è chiesa, anche se a porte chiuse, timorosa.
Nel capitolo successivo, che pare un’aggiunta, troveremo i discepoli fuori, sul lago dove tutto è iniziato. Lì a Pietro verrà affidato il compito di “pascere” la comunità, pur nella precarietà di un amore imperfetto. Qui però non ci siamo ancora arrivati. Siamo nella normalità del dubbio, nella necessità che la comunità ha di raccontare l’esperienza che fa di Te Risorto (e Tu solo sai quanto sia questo il punto debole del nostro essere chiesa oggi – e in ogni tempo).
Nel fatto che quel dubbio necessariamente rimane e ad esso rispondiamo rinunciando a “vedere” direttamente Te. La contemplazione, la visione, appartiene al “domani con Te” nel cielo. Oggi c’è donata la Tua presenza, certo. Ma sei da riconoscere in ciò che ascoltiamo, nell’incontro con i segni della Passione. Sono la testimonianza di come adesso abbiamo bisogno della forza del Tuo amore che opera in noi e ci trasforma.
don Claudio Bolognesi