don Claudio Bolognesi – Commento al Vangelo del 6 Novembre 2022

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ll problema qui chiaramente non è il matrimonio ma la resurrezione. Non si vuole definire se da risorti chi di voi è sposato lo sarà ancora. Ma se ha senso parlare di resurrezione dei morti. Per cui non usiamo cavilli per ingarbugliarci le idee. Gesù è risorto sì o no? Se non lo è o se comunque a noi questa cosa ora non interessa, pace! Ci penseremo.

Ma se la curiosa idea che quel piccolo uomo accusato duemila anni fa di blasfemia dai suoi connazionali e ucciso come un ladro dai romani sia il Figlio di Dio e sia risorto ha spazio nella nostra vita, la domanda che ne segue è: “cosa ha a che fare questo con la mia vita, oggi?”. Una delle risposte, quella che ci dà il vangelo di questa mattina, è che se è risorto Lui – perché no? – risorgeremo anche noi.

A questo punto sgomberiamo il campo dalla discussione sul matrimonio, sui sette o quanti altri si voglia mariti vivi, morti o moribondi. Se te li sei scelta male ritrovarteli nella resurrezione sarà comunque una pena. Tanto vale sperare che sia proprio roba superata. Ma se parliamo del sacramento del matrimonio, la questione cambia (qui Gesù non sta parlando di quello, celebrato nella fede e sperimentato con gioia nella vita).

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Certo che gli angeli di Dio non prendono moglie né marito. Ma invidiano chi di voi è entrato in questa dimensione nuova. Perché ha preso l’amore che è ben più di un dono di Dio, è l’emanazione della sua stessa sostanza, l’ha reso concreto nella sua vita di uomo e di donna e di ogni vita che viene accolta in questa comunione, e ha lasciato che Dio ne facesse l’immagine, la presenza del suo amore per noi.

Certo che non è necessario sposarsi in chiesa. Neanche per essere cristiani lo è. Ma se uno lo fa consapevole della profondità del dono che gli è fatto sa che nella resurrezione questo regalo non gli sarà negato. Perché è un fattore moltiplicativo di ogni altro amore, di ogni vita. È già in un certo senso “vita eterna”. Per lo meno lo è tutto quello che lo realizza. Prende l’acqua delle nozze di Cana e la trasforma nel vino buono della gioia. 

Perché il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe non può che essere il Dio della vita? Loro non sono forse morti? Per gli Ebrei no, loro erano vivi e lo sarebbero rimasti fino a ché il popolo sarebbe stato tale. Tutti i gesti dell’amore coniugale ricevono da Dio quella stessa vitalità. Da un bacio a una carezza, ma anche un litigio, fino ad arrivare alla condivisione dei progetti e dei sogni. Dallo scambio dei gesti della tenerezza fino all’accogliere il dono di una vita nuova. Tutto ha valore sacramentale, dona salvezza.

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Alla fin dei conti il sacramento del matrimonio diventa prova della resurrezione di Gesù. Che è dono di quel Dio che è Dio dei vivi e non dei morti, che non spreca nulla di ciò che è vita, ma lo ha creato perché sia eterno. 

don Claudio Bolognesi