Commento al Vangelo della Trasfigurazione
“Bianco che più bianco non si può”, così recitava una vecchia pubblicità di detersivi. Bianco come nessun lavandaio sulla terra potrebbe rendere una veste, così precisa l’evangelista Marco. Questa metamorfosi di Gesù appartiene al futuro, al tempo della resurrezione. È il colore delle vesti dell’angelo del Signore che rotola la pietra di un sepolcro ormai vuoto.
Il colore delle vesti di coloro che nel libro dell’Apocalisse sono degni di servire davanti al trovo di Dio dopo averle “lavate nel sangue dell’Agnello”. Ma anche il colore dello sposo, l’amato del Cantico dei Cantici. Di coloro che sono stati aspersi da Dio nel Salmo 51. Era un colore che affascinava gli antichi, perché la tecnologia del tempo non permetteva di ottenerlo. Le vesti bianche dei monaci, le cocolle, erano e ancora oggi sono color panna. Mai “bianche come la luce” o come la neve. Noi quel bianco lo vorremmo già, ma ancora non ci appartiene.
Eppure il concetto di “trasfigurazione” è, almeno in parte, molto più vicino a noi di quanto pensiamo. Quante volte ci capita di cogliere nelle persone che ci circondano attimi di trasfigurazione. Pensiamo a voi sposi nel giorno del vostro matrimonio e in generale quando vi sentite belli, amati. O a chi nel proprio lavoro unisce la massima concentrazione ai risultati che si è prefisso. C’è una trasfigurazione anche nel volto di chi affrontando la malattia e il dolore non smette di amare. E nel viso di un bimbo che dorme in braccio ai propri genitori.
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Noi abbiamo bisogno di trasfigurazioni. La Tua, Gesù, appartiene alla nostra storia. Siamo in un “settimo giorno” che è sì il giorno della festa, ma non ancora quello ottavo della resurrezione. È nell’oggi che abbiamo bisogno di vederTi nello splendore della Tua gloria. E allora perché non Ti vediamo? Pietro, Giacomo, Giovanni, poi anche Paolo se capiamo bene un passo della II lettera ai Corinzi, ma anche tanti mistici hanno raccontato di averTi contemplato nello splendore della Tua gloria. Loro avevano compiti grandi da svolgere, necessitavano di un aiuto extra… noi forse no. Quindi è solo per la nostra piccolezza? Nella Bibbia si parla spesso di grandi uomini e donne di fede che hanno “visto Di”o (o angeli, che valgono allo stesso modo). Ma poi sempre si racconta delle parole che il Signore rivolge a loro (e quindi anche a noi). Le apparizioni del Signore sono in realtà “audizioni”.
Non a caso per la seconda volta dopo il battesimo del Giordano si sente la voce del Padre che però qui aggiunge un grande “ascoltatelo”. Abbiamo quindi spostato il problema: come si fa ad “ascoltare” Dio, cosa significa? Il Vangelo della Trasfigurazione ci da alcune coordinate: ci dice che è necessario non essere soli. Non è un evento privato, è qualcosa che va condiviso. Ha a che fare con la consapevolezza di qualcosa di grande che ci coinvolge, per cui fa cadere a terra inadeguati. Ma allo stesso tempo ci rialza, non paralizza, fa sorgere dentro di noi il desiderio di fare qualcosa di più grande. È una certezza interiore che illumina la mente, radicata in un atto di amore accolto e ridonato. Deve infine sapersi porre tra Mosè ed Elia, tra la giustizia che viene dalla legge e la libertà che scaturisce dall’amore.
Pietro Giacomo e Giovanni non tornano dal monte con poteri, capacità diverse. Le prime due cose che capiteranno loro saranno il non comporendere le profezioe e non saper guarire un figlio epilettico. Per non parlare della tristezza che devono affrontare all’annuncio della resurrezione. Ma come? Ti avevano visto trasfigurato!
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Non sta a loro, non sta a noi decidere i tempi e i momenti in cui il seme che seppellisci nella nostra mente, nel nostro cuore, farà frutto. Nostro compito è accoglierlo. E custodirlo. Verranno giorni in cui tutto questo farà lievitare la nostra vita, in Te.
don Claudio Bolognesi
✝️ Commento al brano del Vangelo di: ✝ Mt 17, 1-9