Ma… ha senso che Tu ci “comandi” di amare? L’amore non è di per sé ciò che non può essere richiesto ma solo liberamente donato? E non sa un po’ da ricatto affettivo quel “se osserverete i miei comandamenti” e ancor di più “se fate ciò che vi comando”.
Questo vangelo è proprio un disastro. Stai provando a manipolarci? Non lo crediamo, soprattutto se abbiamo lottato per anni contro l’idea di un Dio fatto a immagine e somiglianza nostra. Allora partiamo dal concetto di “comandamento”. Nella Bibbia sono le prescrizioni in cui si concretizza la Legge di Mosè.
Che non è una raccolta di richieste arbitrarie da parte di Dio, se pur sagge, ma la rivelazione del cammino che porta al compimento dell’uomo: realizzare la comunione col Creatore, l’Alleanza. Dato per sperimentato che quella comunione non poteva essere realizzato “dal basso”, a partire dal nostro impegno che è e rimane fallimentare, la realizzi Tu e ce la doni dando la Tua vita per noi nella Pasqua. Per questo il verbo cardine di questo Vangelo è “rimanere”.
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Noi non dobbiamo più raggiungere la comunione, la salvezza. Non è frutto della nostra bravura, della nostra santità. È Tuo dono. Viene sì dalla santità, ma dalla Tua. Dobbiamo solo non perderla, non lasciarcela strappare dagli affanni della vita. Da ciò che il Vangelo di Giovanni chiama “il mondo”. Il problema è che stiamo parlando di un dono spirituale, quindi invisibile.
Qualcosa di più grande della nostra intelligenza, che pure ne può cogliere tanti riflessi. Di più profondo delle nostre emozioni che potranno a volte commuoverci ma più spesso sono inadeguate a registrarlo. Più affidabile della nostra volontà, purtroppo così deficitaria. La via che Tu ci indichi passa dall’osservare, dal “custodire” quello che è il fine della Tua vita e farne il fine anche della nostra.
La frase centrale del brano è quando ci dici che questo fine/comandamento è che ci amiamo come Tu ci ami. Nelle similitudini l’affermazione centrale viene dopo il “come”. Qui è la rivelazione del Tuo amore. Così grande al punto che hai donato la Tua vita (San Paolo, meravigliato, dirà che se l’hai data per noi quando eravamo peccatori, chissà cosa ci donerai di più grande ora che siamo redenti…).
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Un amore così concreto da superare il concetto di “servo” che nei vangeli è spesso la forma perfetta del discepolato per arrivare a quello di “amici”. Così grande che solo i santi hanno provato a crederci.
Ma il comandamento, prima di essere il compito che ci dai di amarci l’un l’altro è contemplazione del Tuo amore. Da cui non scaturirà mai qualcosa che ci forza, se non dell’obbligo più grande: quello che nasce da dentro di noi nel momento in cui ci arrendiamo all’amore.
Certo, il ragionamento può essere capovolto. Da cosa capiamo che tutte queste non sono solo parole? Dal fatto che proviamo a viverlo quell’amore, quella gioia. Che questo sia possibile. È un miracolo. Possibile solo se Tu ci sei e ce lo doni.
don Claudio Bolognesi