don Claudio Bolognesi – Commento al Vangelo del 4 Luglio 2021

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Il Vangelo si apre dicendo che Gesù “esce di là”. “Esce” è una parola importante. Nel vangelo di Marco indica addirittura quasi l’incarnazione. Gesù nel momento in cui appare “esce” da Nazareth. È un verbo che ritorna spesso. Qui esce e va nella sua patria, la città natale. Come non si è detto qual è la città in cui Gesù guarisce la donna che ha perdite di sangue e la figlia di Giàiro, così non si dice qual è la patria.

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Noi ovviamente facciamo due più due e diciamo Nazareth. Il fatto che non venga nominata ci dice che forse questi luoghi sono della geografia “nostra”. Cioè sono dove siamo noi. Dove noi siamo disposti a incontrare, a riconoscere Gesù. Noi ci sentiamo suoi compatrioti. Gesù fa parte della nostra famiglia, del nostro popolo e noi facciamo parte del suo. Quindi si parla dei luoghi della nostra vita. Gesù è lì che viene. Viene e secondo quello che leggiamo nel vangelo sembra che stia lì alcuni giorni. A un certo punto arriva il sabato e Gesù insegna nella sinagoga.

È quello che i maestri in Israele fanno normalmente. Non sappiamo cosa Gesù insegnasse. Ci piacerebbe saperlo, se volete andate a vedere il brano parallelo del vangelo di Luca al capitolo 4 c’è una citazione del profeta Isaia. La stessa che torna negli altri vangeli, nei sinottici in altri contesti. Ma comunque qui Marco cosa insegni non ce lo dice. Così come non l’ha detto all’inizio del vangelo quando nella sinagoga di Cafarnao libera il primo che è posseduto dallo spirito impuro. Vuol dire che probabilmente la cosa più importante è il fatto stesso che lui insegni. Poi quello che insegnerà viene dopo. Il fatto che lui insegni è quello che il vangelo ci consegna. 

A questo punto c’è una doppia reazione. La prima viene definita “stupore”. È lo stupore della perplessità. Non lo stupore dell’incontro col divino, la meraviglia sacra. È lo stupore di chi alza un sopracciglio. Diventerà al termine di questo discorso diretto “Gesù era per loro motivo di scandalo”. Lo scandalo è ciò che ti fa inciampare nel tuo cammino. Che non ti permette di portarlo a termine. A cosa è legato questo scandalo? Si dice che ci sono delle “cose” nella vita di Gesù che non si sa da dove vengano. Che c’è una sapienza che gli è data e non si sa cosa sia.

Che ci sono dei prodigi, dei miracoli compiuti dalle sue mani, degli atti di potenza, di forza, delle manifestazioni della potenza di Dio. La domanda “da dove vengono” le cose che Gesù porta è una delle grandi domande del vangelo. È anche uno dei punti di contatto fra il vangelo di Marco e quello di Giovanni in cui questa domanda emerge con moltissima forza. Ma come vedete è anche qui. Perché il problema “da dove vengono” le cose che Gesù è venuto a portare è importante. Dalla risposta a questa domanda dipende la nostra fede.

“Che sapienza” è un’altra domanda forse molto più importante di quello che a una prima lettura ci sembri. Perché sì, rispondere a questa domanda ci parla un’altra volta della qualità della nostra fede. Capite che se la sapienza che viene da Gesù è una sapienza umana, cioè è un grande e meraviglioso insegnamento su quello che possiamo e dobbiamo fare, va bene. È bello, ma punto, finisce lì. Ma se è una sapienza che ha a che fare con Dio questo tira in ballo la possibilità di viverla. La differenza fra – c’è Dio e non c’è Dio – è che da una parte c’è data la forza per fare, dall’altra no. Alla fine è questa la differenza. 

Poi c’è il fatto dei dei prodigi “compiuti dalle mani di Gesù”. È bello “compiuto dalle mani”. È un modo di dire “compiute da lui”. Però è anche vero che per esempio Giàiro quando va gli dice – tu imponi le mani e mia figlia sarà guarita -. Gesù va, non impone le mani ma prende per mano. La mano è il luogo dell’incontro fra le persone. Il darsi la mano è il gesto che ancora oggi compiono gli amici. Gli sposi nel momento in cui si sposano. 

La cosa interessante e anche triste che arriva ora è il fatto che il sapere, il collocare Gesù – perché dopo si dice: “sì perché lui è il fratello di… e fa questo lavoro…” – quindi possiamo collocarlo, il poter dire che è uno di noi porta a concludere: “cosa ha a che fare con la manifestazione della potenza di Dio?”. Dio non manifesterà mai la sua potenza in uno di noi. Guardate che questa è un’altra delle grandi esperienze della nostra vita. Perché il fatto che Gesù si sia fatto uomo ci dice esattamente che ha fatto questo: ha manifestato la sua potenza in uno di noi.

Ma questa cosa per noi è inconcepibile. Continuiamo a pensare che Dio sia una cosa e la nostra vita un’altra. Il mio vecchio professore di teologia in seminario diceva: “se andaste a sentire le omelie della notte di Natale di voi preti miei studenti molte probabilmente sarebbero eretiche”. Perché o parliamo di un Gesù-uomo che ha poco a che fare con Dio, è un grande fratello. Oppure parliamo di un Gesù-Dio meraviglioso stupendo che però ha poco a che fare con noi, è diverso: è Dio. Dio e uomo non sono conciliabili e non li concilieremo mai. Ciò che possiamo fare è accogliere Gesù. Lui è la conciliazione di tutto questo. Ma chiaramente questa scoperta non c’è ancora nel vangelo perché non c’è ancora la Resurrezione. Il vangelo ci sta dicendo anche che coloro che credono di conoscere, che danno per scontato di conoscere forse non riescono più a vivere una meraviglia che sia incontro. Vivono invece una meraviglia che è scandalo. 

Di fronte a questo Gesù dice: “un profeta non è disprezzato se non nella sua patria tra i suoi parenti e in casa sua”. È una frase molto triste perché alla fine siamo tutti suoi parenti e la sua casa è il mondo. Vuol dire che quel profeta e anche ogni profeta è destinato a essere una voce non ascoltata. Questo è un altro dei grandi temi del vangelo. Si dice all’inizio del nostro brano che i discepoli seguono Gesù. Vuol dire che questa cosa che sta succedendo fa parte della loro formazione. Sicuramente è stato per loro di scandalo vedere Gesù non onorato nella sua città, non messo al posto che merita tra coloro che lo conoscono. Il fatto che lo prendano sottogamba. Che dicano “siccome ti conosciamo non puoi essere chissà chi”. Sei uno di noi. Questa cosa esattamente fa parte della formazione di chi è discepolo.

Deve essere materia di studio. Proprio perché dobbiamo imparare che è vero l’esatto contrario: proprio perché sei uno di noi sei la rivelazione di quel Dio che vuole rivelarsi così. Vuole dire che noi siamo il luogo della sua rivelazione, della manifestazione della gloria di Dio.

Poi si dice che li Gesù non poteva compiere nessun prodigio. Quella stessa parola che viene usata prima. Ma impose le mani a pochi malati e li guarì. Allora verrebbe a dire. “beh ma allora i prodigi li ha fatti”. Perché sì, ha guarito i malati…
Nella fase successiva si dice che Gesù si meravigliava della loro incredulità. Aveva detto prima che la gente si meravigliava di lui. Ma i termini originali sono diversi: la meraviglia della gente è la meraviglia-perplessità. La meraviglia di Gesù è la meraviglia espressa con un termine che nel greco indica lo stupore di fronte ai miracoli, ai prodigi. Gesù vede la loro incredulità vivendola quasi come un prodigio.

C’è un gioco di parole probabilmente dentro tutto questo: c’è la meraviglia di fronte al fatto che Gesù fa prodigi e c’è Gesù che vive come un miracolo, come la contemplazione di un miracolo il fatto che i suoi cari, i suoi patrioti, le persone che lo conoscono sono scandalizzati di lui. C’è una sorta di di ribaltamento. Quello che per il mondo è miracolo e va a cercare in Dio per Gesù è motivo di sofferenza perché li porta ad essere scandalizzati di lui.

Il vangelo termina con una frase che sembra quasi non c’entrare: Gesù percorreva i villaggi intorno insegnando. Invece probabilmente rimane fondamentale. Perché abbiamo già sentito che Gesù insegnava. Tutto questo parte dall’insegnamento. Che nell’insegnamento si manifesta la “dunamis” la forza di Dio. Cioè di fronte a Gesù che si manifesta presenza di un Dio che si fa uomo e che per questo non è accettato questa cosa è incredibile, inconcepibile ai suoi occhi. Ma  per ogni discepolo fare i conti con questo gap, questa sofferenza è fondamentale.

Nella nostra formazione noi cerchiamo le grandi cose e troviamo invece la piccolezza dei gesti quotidiani di amore. Crediamo che la salvezza sia nei movimenti di popolo e ci viene detto che è in quel popolo di scaricati, di rifiutati che continuano ad amare. Gesù in tutto questo continua a insegnare con potenza. Continua a ripetere che la strada è questa. Lo faceva allora e lo ha continuato a fare in tanti modi ancora oggi nell’insegnamento. In quello che fa ciascuno di noi ogniqualvolta accoglie la testimonianza della Parola di Dio. Insieme, come comunità e come chiesa. 

Buona domenica