“Il regno dei cieli è simile…”.
Ok, ma cosa intendi per “regno dei cieli”? Perché il pensiero a noi va direttamente a qualcosa di futuro. Che ha a che fare con ciò che sarà dopo la morte, il Paradiso. Poi ci viene da pensare ad un “luogo” vero e proprio. Ma se cerchiamo nel Vangelo di Matteo scopriamo che è quel qualcosa che Tu sei venuto a portare, che è già qui, vicino e che ora possiamo toccare.
Ci richiede una conversione e vuole essere annunciato. Un’altra sua caratteristica è che sembra sia una situazione perdente ma in realtà Tu ci assicuri essere la strada giusta. Lo possiedono i poveri in spirito, i perseguitati a causa della giustizia.
È la sostanza invisibile che anima la realtà, come il lievito che rende commestibile il pane. In esso chi è come i bambini è a casa; è una festa di nozze, l’incontro con lo sposo. In fin dei conti è ciò che Tu ci prometti ed insieme è da sempre il nostro desiderio più grande. Un desiderio così profondo che spesso nella nostra superficialità non riusciamo neppure a riconoscerlo. Per cui purtroppo neppure ci crediamo. Alla fin dei conti è il nostro mondo come dovrebbe essere e come un giorno sarà. E come grazie a Te ha già cominciato ad essere, in tante piccole situazioni della nostra vita.
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Questa mattina aggiungi che il regno (alcuni preferiscono dire il “regnare”, è più una situazione che un luogo) ha a che fare con una persona che vive la gioia di chi trova il senso della sua vita. Ciò che completa tutte le scelte che ha fatto. Non parliamo di una mera emozione. Qui c’è di mezzo la ricerca paziente del commerciante di gemme.
Il lavoro di scavo del contadino che con l’aratro cozza contro un sasso insolitamente grande. C’è la disponibilità a spenderci sopra tutti i nostri beni, le nostre forze. Per trovare un tesoro in un campo bisogna scavare, sudare. Per trovare una perla preziosa, viaggiare. Ma quell’inciso – pieno di gioia… – quello ci rimane infisso nella mente.
La gioia per noi può essere tante cose. Una volta un amico raccontava che la gioia più grande della sua vita era stata quando la sua squadra del cuore aveva vinto il campionato dopo anni di umilianti sconfitte. La moglie, sorridente, con uno dei figli in braccio, era pronta a massaggiarlo con il mattarello proprio in mezzo alla fronte… La gioia di cui parla qui la parabola è quella dei Magi quando rivedono la stella. Non hanno buttato via la loro vita, la loro ricerca, il loro viaggio ha senso.
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Così come è ciò che descrive la situazione delle donne che la mattina di Pasqua dopo aver trovato la tomba vuota tornano di corsa per dare l’annuncio ai discepoli: “noi credevamo che fosse tutto finito – invece no – dicono che è risorto”. La gioia di cui parli in questa parabola è quella dell’artigiano/artista che al tramonto del sole ripone gli attrezzi e contempla ciò a cui ha lavorato per mesi, finalmente finito. Ha espresso quei doni che Tu gli hai dato. Quelle capacità che con fatica ha affinato. Ha reso il mondo più bello. Con il frutto del lavoro delle sue mani potrà prendersi cura dei suoi cari.
Tutto questo in una dimensione di definitività. La terza parabola ripete quello che ci ha detto già la finale di quella della zizzania. Verrà il momento in cui le scelte, il frutto delle nostre opere diventerà definitivo. Non dovremo ripetere per sempre la fatica di farlo. Chiunque di noi prenda la ricerca dell’amore e della giustizia sul serio sa anche cosa significhi dubitare di se stesso.
Solo chi è superficiale è già sicuro di andare bene, di essere salvo. Però noi questo speriamo. Per cui la promessa di un giudizio finale della nostra vita non deve spaventarci. Proprio perché siamo mancanti ci affidiamo alla Tua misericordia. Tu sei il Dio delle cose antiche, ci hai chiamato Tu all’esistenza. Sei il Dio delle cose nuove, ci aspetti nel Tuo abbraccio di amore. A Te ci affidiamo.
don Claudio Bolognesi
✝️ Commento al brano del Vangelo di: ✝ Gv 11,19-27 oppure Lc 10,38-42