A Cana ti sei appena rivelato come lo Sposo, l’Amato, colui che dona il vino buono della gioia. Hai manifestato la Tua gloria e i Tuoi discepoli hanno creduto. Ora nel Tempio Ti mostri come il vero sacerdote. Non solo: come la vittima sacrificale e l’unico santuario, la “Casa di Dio”. Ma andiamo per gradi. Giovanni ci racconta che sali a Gerusalemme.
“Sali” non solo perché la città santa è a 754 metri sul livello del mare, e Cafarnao sta 965 metri più in basso. Ma perché ci si può solo salire. È un atteggiamento spirituale, un gesto liturgico. Da bravo ebreo ci vai per Pasqua, la prime delle tre che il vangelo di Giovanni cita, dove tornerai altre volte. Con grande naturalezza ci viene raccontato che trovi nel tempio coloro che vendono animali per i sacrifici e i cambiavalute.
Si potevano offrire solo monete che non portassero effigi umane, e i romani usavano raffigurare l’imperatore. Poi la scena la conosciamo: scacci con un frustino, rovesci i banchi… Noi visualizziamo un Gesù forte, quasi arrabbiato, che parla con voce potente. Di fatto un tipo che non conosciamo, che può affascinare ma anche spaventare. Forse lavoriamo un po’ di fantasia, ci facciamo troppi film. Ma gli studiosi ci dicono che i buoi erano venduti fuori dal cortile del tempio.
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Anche i cambiavalute avevano il loro banchi fuori, per cui sorge un dubbio: che il problema non sia tanto la confusione, il mercato che circonda i santuari in sé – ancora oggi -. Quanto l’idea di fede, di sacrificio che sta alla base di tutto questo.
Da quando l’uomo racconta il suo rapporto con Dio, il concetto di “sacrificio” è presente e forse predominante in tutte le religioni. Tu sei un bravo Dio se ci fai i favori che Ti chiediamo. Oggi in terra e domani in cielo. Ma nella nostra testa non fai niente per niente. Perché sei un Dio fatto a immagine nostra. Per avere i Tuoi doni bisogna sacrificare qualcosa.
Più grande è la rinuncia, quindi più ricchi siamo, più possiamo sperare di essere accontentati. Addirittura possiamo pretenderlo. Se leggiamo con attenzione ci accorgiamo di alcune altre cose: ad esempio sembra che Tu ce l’abbia particolarmente con i venditori di colombe. Perché? In fondo erano quelli che davano meno fastidio.
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Erano anche quelli di cui si servivano i poveri. Erano lì per chi aveva poco da offrire – e poco da sperare… Terribile! -. Questa mentalità, una fede che risponde alle leggi del mercato, con Te non c’entra nulla. Alla fine del brano Giovanni ci dice che Tu non hai fede di fronte a chi vede i Tuoi segni e crede, o pensa, afferma di credere nel Tuo nome. Perché Tu che vedi il nostro cuore, sai cosa c’è dentro…
Pesante questa cosa. Poi ci dice che i discepoli hanno ricordato tutto questo solo dopo la resurrezione, solo allora hanno creduto. Certo, perché in quel momento hai cambiato il nostro cuore. Se crediamo è perché Tu a Pasqua ci hai reso, ci rendi possibile farlo.
don Claudio Bolognesi