Perché proprio a a Gerusalemme nel tempio a “dodici anni”? Anche solo dai film avrete sentito dire del Bar Mizvà, la celebrazione che sancisce l’entrata nella comunità dei credenti dei ragazzi ebrei. Oggi esiste anche la Bat Mizvà, riservata alle ragazze.
In queste celebrazioni si sancisce l’entrata nel tempo in cui si è tenuti ad adempiere i comandi e le norme della Legge. Vuole dire essere diventati grandi. Sembra un peso, ma per il credente è più un onore – con le questioni della fede, ma non solo, è spesso così -. Sono riti relativamente recenti, quello riservata ai maschi risale al medio evo.
Questo non toglie che anche in epoche più antiche si riconoscesse l’età in cui era ora di entrare a fare parte responsabilmente della comunità. Il problema però è che sia il Bar Mizvà che gli usi più antichi individuavano nel compimento del tredicesimo compleanno il momento in cui assumersi i diritti e i doveri legati alla crescita.
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Il Vangelo di questa domenica dedicata alla Sacra Famiglia, ultima dell’anno solare, dice chiaramente, lo specifica e quasi insiste, che Tu Gesù a questo punto hai dodici anni. E allora…? Chiaramente nel Vangelo si incontrano molte tematiche.
La prima Ti presenta come ancora bambino, affidato alle cure dei parenti e dei conoscenti. Che poi sia credibile il fatto che Ti si potesse perdere per un giorno di viaggio… decidete voi. Al termine del brano si sottolinea che stai “sottomesso”, che sei un figlio ubbidiente.
Fai quello che fa ogni ragazzo: cresci – il verbo suggerisce una fatica, un farsi largo, così come è per noi -. Prima di tutto nella sapienza, poi nell’età, sia quella interiore, la maturità, che quella fisica, l’altezza – chissà se anche a Te qualche zia, qualche vicina diceva: “ma come è diventato alto…!” -. Infine nella “grazia”, la charis di Dio. L’amore gratuito, che può essere solo donato.
La seconda chiave di lettura di questo Vangelo tramite i dottori nel tempio Ti indica come maestro – “il” Maestro -. Colto proprio nell’atto dell’insegnamento, che nella pedagogia ebraica parte dall’ascoltare e dall’interrogare. Ruolo ribadito dal fatto che riconoscono da parte Tua una comprensione e la capacità di dare risposte che stupiscono.
Poi il Vangelo ci racconta che Tu sei due volte “figlio”. Di Maria e di Giuseppe, che proprio lei indica come “Tuo padre”. Ma anche Figlio di un Padre – nelle Tue parole – delle cui cose Ti devi occupare. O, come forse sarebbe meglio tradurre, nelle cui cose, nella cui casa devi essere. Per questo è importante che Tu abbia dodici anni. Non sei Figlio e Maestro per via di un potere che Ti è riconosciuto per aver adempiuto la Legge. Tu lo sei “prima”, perché sei prima della Legge, di ogni legge e superiore ad essa. Anche se cresci in un villaggio sperduto e, come già detto, sottomesso ai tuoi genitori come ogni bravo figlio.
’è però forse anche un altro motivo per cui il Vangelo sottolinea il Tuoi dodici anni. In Luca questa età ricorre in un altro brano, là dove si racconta della figlia di Giàiro. Che muore prima di poter essere sposa – nelle culture antiche lo si diveniva da giovanissime, appunto a dodici anni -. Tu la restituisci ai genitori, la fai divenire immagine della “sposa” la comunità dei discepoli. Anche se per i ragazzi maschi non c’era un’età per sposarsi, ci piace pensarTi nel tempio, luogo dell’incontro tra Dio e il suo popolo, come lo Sposo promesso. Oltre che come il Maestro e il Figlio, uomo e Dio.
Di fronte a tutto questo il Vangelo commenta che Maria, pur non comprendendo, custodisce tutto nel suo cuore”. Così come ora continua a custodire tutti noi.
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don Claudio Bolognesi