Qui andiamo un po’ in crisi: proprio nella sinagoga dovevi trovarlo questo posseduto? In lui c’è qualcosa che fa sì che il bene e la libertà siano inquinati dal male, e la confusione che ne deriva lo renda schiavo. Il male si presenta spesso così, è una delle sue tattiche preferite.
Puro è facile da riconoscere, ci repelle e ne fuggiamo. Chi proverebbe a difendere l’idea che le camere a gas di Auschwitz siano state qualcosa di buono? È più semplice dire che se le sono inventate, che non sono mai esistite.
I soldati che le hanno trovate si sono sbagliati, hanno visto, interpretato male. Mica per colpa loro… erano stanchi, qualcuno dietro le quinte li ha manovrati. Ma non era vero niente. Ecco: di questi giochini noi ne facciamo continuamente.
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Il Vangelo però punta il dito su ciò che facciamo dentro la sinagoga, nello spazio sacro della nostra vita. Gli inganni che sostituiscono Te, Gesù – che sei venuto per salvarci -, con la Tua controfigura – un tipo che è venuto a caricarci di un peso insopportabile, a rovinarci -. Ovviamente il problema è soprattutto legato a chi quello spazio sacro lo gestisce, ai maestri.
Quelli che il Vangelo chiama “scribi”. Sono effettivamente espertissimi, conoscono tutta la Bibbia a memoria. Ma finiscono per avere più autorità di Te. Alla Bibbia possiamo ancora oggi far dire quello che pare a noi.
Usarla per giustificare le guerre, l’intolleranza e ogni violenza. Se poi il nostro riferimento sono i commentatori, maestri santi ma che nella loro vita hanno maturato il loro pensiero e possono aver cambiato opinione, possiamo veramente diventare anche noi preda di ogni spirito immondo. Mescoliamo tutto e facciamo i nostri comodi.
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Nella sinagoga intanto Tu insegni. Non ci facciamo caso, ma è un qualcosa che il Vangelo sottolinea continuamente. E spesso, come in questo caso, non ci dice “cosa” sia l’oggetto dell’insegnamento. Perché certo, avremo tempo per capirlo. Ma soprattutto perché è importante il fatto in sé. Insegnare, educare significa compiere un gesto di grande fiducia e responsabilizzazione verso chi è di per sé riconosciuto abile, in grado di imparare.
Non a caso il Vangelo di Marco riporterà come prima parabola quella del seminatore: il manifesto programmatico di un Dio educatore e in quanto tale di ogni educatore. Il brano di oggi insiste non solo sul fatto che insegni, ma sul fatto che lo fai “con autorità”. Al contrario di noi, maestrini, che insegniamo – se siamo onesti lo riconosciamo – su mandato, con parole e per autorità di altri. Il posseduto Ti grida le sue paure. Gridare è l’arma dei deboli.
Lui insinua che Tu voglia qualcosa da noi: è l’idea, la paura fondamentale che ci affligge. Che essere credenti sia indovinare quello che Tu vuoi e poi dovertelo fornire. Il posseduto Ti conosce: ha fede. Ma la fede senza amore è una trappola. Genera demoni. A questo punto Tu rimetti in ordine con forza le cose. Il Tuo ordine è perentorio.
Metti la museruola a questo gridare vuoto. Costringi l’uomo a rientrare in sé. Per poter “uscire” ma da liberato. Che è poi quello che Tu fai continuamente, al punto che in 1,38 dirai che il motivo della Tua venuta è predicare e per poterlo fare anche Tu sei “uscito”. Farlo costa sofferenza. L’impurità, vivere in un mondo di pensieri mischiati che è solo dentro la nostra testa rende fragili. Rientrare nella realtà dove Tu ci salvi e possiamo amare ed essere amati dagli altri è faticoso: serve la Tua forza e spesso è proprio il dolore che ci aiuta ad accoglierla.
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In quella sinagoga c’è tanta gente. Ma oltre a Te, Gesù, c’è solo un “uomo”. Se vogliamo poterci dire anche noi uomini e donne degni di questo nome non dobbiamo aver paura degli spiriti immondi con cui ci complichiamo la vita. Tu ce ne liberi. Noi Te ne ringraziamo, non abbiamo più paura.
don Claudio Bolognesi