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don Claudio Bolognesi – Commento al Vangelo del 27 Ottobre 2024

Domenica 27 Ottobre 2024
Commento al brano del Vangelo di: Mc 10,46-52

Un cieco mendicante, seduto ai margini della vita. Cosa c’è di più lontano da ciascuno di noi? Se ci pensate è la descrizione perfetta di chi nella propria vita si è fermato.

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Di chi ha deciso cosa gli interessa vedere e cosa invece escludere dal proprio orizzonte. Di chi è venuto a patti con la propria cecità. Magari è determinato a spremere dalla vita tutto ciò che può.

È un rischio che corriamo tutti – senza rendercene conto -: scavare la nostra nicchia, il nostro rifugio comodo comodo. Consapevole di essere un mendicante, Bartimeo non ha paura della folla che lo vuole zittire.

Non avere più nulla da perdere, essere consapevoli della propria povertà, porta a far sì che non si sia più schiavi di ciò che gli altri si aspettano da noi. Il rischio ora è di essere schiavi di noi stessi.

C’è un non aver paura che libera e porta all’incontro con Te. Ed uno che rovina, padre e figlio di una cecità che alla fine ci va bene. E spesso diventa un’ideologia kamikaze.

Il vangelo racconta che c’è una distanza tra chi sta ai margini della strada e Te, la roccia su cui costruire la casa. Se Bartimeo non fosse mendicante cieco potrebbe incontrarti senza bisogno di mediazioni.

D’altra parte se non fosse mendicante potrebbe credere di essere già ricco, di non avere bisogno di Te. Il fatto che sia mendicante cieco genera una distanza che può diventare incolmabile.

La folla inizialmente infatti è una barriera. Eppure è necessario che qualcuno abbia già raccontato di Te al cieco nel passato, che lui sappia qualcosa di Gesù Nazareno.

Abbia in se una curiosità, la domanda ed il dubbio che Tu c’entri con la nostra vita. Poi ci vuole qualcuno che porti a Bartimeo – e a ciascuno di noi disposto a riconoscersi con lui cieco mendicante – la Tua voce.

Un “qualcuno” che c’è sempre, ed è il primo miracolo di questo vangelo. Tu trasformi la folla in messaggeri, tramiti. È ciò che anche noi comunità possiamo diventare: portatori a distanza, amplificatori della Tua Parola.

Dopodiché alzarci/risorgere, buttare via le sicurezze, quello sta a Bartimeo, sta a ciascuno di noi. Lo può fare solo lui, ciascuno di noi per sé. Certo, ci vuole un balzo, una discontinuità, una svolta.

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Bisogna decidere di “saltarci dentro” a questa barca in cui Tu inviti ad entrare. Restare in riva al mare guardandola partire ci renderà irrimediabilmente tristi.

Quel mantello buttato via – ed è il simbolo della dignità e della indegnità, è l’assicurazione sulla vita, la coperta di Linus – lo si può buttare via solo se davanti abbiamo qualcosa, “Qualcuno”, di più.

Solo Bartimeo può decidere quanto valga la sua dignità, la sua vita. Solo noi possiamo decidere quanto valga la nostra.

Le decisioni, le scelte importanti, le poniamo in atto se ci siamo innamorati della verità e della bellezza che ci sono dentro. Ancor di più, della bellezza di chi ce le propone.

Ovviamente tutto non finisce con Bartimeo che si alza, che risorge. Dovrà camminare verso di Te, e per fare questo ci vorrà tutta una vita.

Intanto però ha riacquistato la vista, la capacità di guardare in alto. Cosa serve vedere se non alziamo gli occhi al cielo? Un cielo che è dentro di noi, che impariamo a vedere se stiamo con Te, se Ti seguiamo lungo la strada.

don Claudio Bolognesi

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