don Claudio Bolognesi – Commento al Vangelo del 27 Giugno 2021

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Il vangelo di questa domenica è un vangelo molto commentato. Non abbiamo la pretesa di aggiungere chissà cosa ma semplicemente raccogliere pensieri di altri e condividerli in questo dialogo che ci accompagna di domenica in domenica. 

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Siamo in una parte del vangelo di Marco in cui i vari brani sono introdotti dal desiderio di Gesù di “andare oltre”. Il vangelo lo traduce spesso in “andare all’altra riva” ma in realtà le parole esatte sono queste: “andare oltre”. Gesù è andato oltre nel momento in cui è partito con i discepoli verso la riva di levante del lago di Tiberiade dove ha sanato l’uomo indemoniato che vive nelle tombe. A questo punto Gesù torna, ripassa oltre. Torna nella sua terra. Il vangelo per la terza volta dà questa notazione: Gesù è “passato oltre”. In questo passare oltre Gesù incontra due donne. Una donna adulta che è affetta da 12 anni da perdite di sangue. L’altra, una ragazzina dodicenne figlia del capo della sinagoga, di Giàiro, è malata. Il padre viene a chiedere a Gesù di salvarla e di guarirla.

Il fatto che entrambe siano legate a questo numero 12 fa sì che i commentatori ci dicano che in essa sia facile vedere il popolo d’Israele. Il popolo che rischia di perdere la sua vitalità, la sua vita. Come la donna che perde il sangue. Come la figlia che sta morendo. Il popolo che perde la vita se non accoglie Gesù, se non lascia che Gesù lo salvi. 

È un racconto strutturato in un modo letterario molto interessante. C’è l’introduzione, l’incontro di Giàiro con Gesù. Poi c’è una parentesi che ha una funzione forse anche drammatica per noi che ascoltiamo. Ma se ci mettiamo nei panni di Giàiro che desidera che Gesù vada a casa sua la fermata di Gesù con la donna impura – che non doveva neanche essere lì – probabilmente è stato un momento di ansia. Il racconto riprende con l’entrata di Gesù nella casa di Giàiro. Non è necessario pensare a un artificio letterario. Può essere che questo giorno sia andato semplicemente così e che gli apostoli se lo ricordassero bene. 

È un racconto in cui torna, come poi spesso capita nel vangelo, una sorta di nota quasi ironica, di un’ironia “a boomerang”. Perché quando Gesù chiede “chi è che mi ha toccato” i presenti dicono “tutti ti spingono, che domanda è”? Eppure noi sappiamo che è una domanda importante. Così come quando Gesù dice che “la fanciulla non è morta ma dorme” tutti i presenti lo prendono in giro. Ed è triste. È la presa in giro di chi è schiavo del proprio dolore e alla fine forse l’unica cosa che può fare è provare a riderci sopra. 

Tra le varie chiavi di lettura che possiamo utilizzare per entrare in questo brano, quella che vi propongo è legata “all’andare oltre”. Quindi al passaggio, ai vari passaggi che ci sono in questo vangelo. 

Il primo passaggio è quello relativo alla folla. Viene presentata all’inizio come co protagonista. Gesù come sempre di fronte ad essa non scappa anche se ne prende un po’ le distanze. Rimane sulla riva del mare. Il mare gli serve come amplificatore per la voce quando insegna ma anche come valvola di sfogo. Può sempre prendere la barca e allontanarsi. La folla che è la stessa che lo spingerà, è la stessa che poi lo prenderà in giro, è caratterizzata soprattutto da questo “spingere”. Questo verbo è forse una delle caratteristiche delle folle che tendono a fare violenza. La folla nel vangelo deve “passare oltre”. Deve diventare fatta di persone. Di persone singole nel caso della donna malata di perdite di sangue. Nel caso della bambina che muore, persone riunite in una famiglia. La folla diventerà persona, fatta di persone, quando invece di spingere inizierà a toccare e a lasciarsi toccare da Gesù. È uno dei verbi principali dell’incontro con la donna che ha la perdita di sangue: la donna lo tocca, tocca Gesù e guarisce. Gesù poi toccherà la bambina per ridonarle la vita.

Il secondo passaggio che volevo sottolineare è quello di questa donna che è impura, è in una situazione irrisolvibile. In quanto impura non può avvicinarsi a Gesù per essere sanata. Non potendosi avvicinare a Gesù per essere sanata rimarrà impura. È l’immagine del peccatore disperato di tante situazioni che vediamo ancora oggi. Potrei fare degli esempi ma mi sono riproposte in queste meditazioni di limitarmi a commentare il vangelo. Però ci sono situazioni che ricordano questo, gente che crede di non potersi avvicinare a Gesù e non potendosi avvicinare a Gesù non crede che Gesù la possa salvare. Ecco questa donna impura diventa “figlia”. Che è una delle parole belle del vangelo. Perché per lei a cui era precluso ogni rapporto, non poteva essere sposa e se sposa comunque non poteva essere madre, non poteva entrare nel tempio, non poteva stare in mezzo agli altri, non poteva… una lista di “non poteva” infinita, l’essere figlia significa essere accolta. Significa avere trovato un padre, aver trovato una casa.

Questa donna si dice che tocca Gesù, tocca le frange del suo mantello, il suo mantello, del di dietro. Ma poi sarà chiamata a rivelarsi, a venire davanti. Sarà chiamata a raccontare la verità. Quindi c’è un passaggio profondo tra il silenzio, tra i pensieri di questa donna che possono essere giusti ma anche pericolosi. Perché i pensieri quando non sono condivisi non sai dove possano portare. Si dice che questa donna a un certo punto racconta la verità. La verità di se stessa. Fa i conti con una verità che era sicuramente una verità dolorosa e la condivide.

Dopodiché c’è il terzo personaggio. Se pensiamo come primo la folla che deve diventare persona. Poi la donna malata di perdite di sangue che deve diventare figlia. Ora abbiamo questa ragazzina che è una figlia e ha 12 anni. Siccome morirà non può essere data in sposa, non può fidanzarsi, non può conoscere l’amore. Gesù la prende per mano e passa da morta a vivente. È un gesto molto dolce, tipico dello sposo verso la sua sposa  – non stiamo a dire che Gesù la volesse sposare, è semplicemente una una metafora -. Questa bambina, questa ragazza vive un passaggio che è anche di altro tipo e che è descritto nelle parole del padre. Che è il quarto personaggio del vangelo che probabilmente deve cambiare, deve passare oltre. Perché viene descritto come capo sinagoga, ne viene detto il nome. Cosa rara nel vangelo. Mentre invece al termine viene chiamato “padre”. Come capo sinagoga, come Giàiro forse era una persona famosa. Certo si approccia a Gesù umilmente, s’inginocchia. Sì però è anche sicuro: “verrai, le imporrai le mani e la salverai”. Invece come padre del termine del racconto nel momento in cui Gesù ha guarito la figlia è semplicemente stupito. Forse potremmo dire commosso.

Ecco, il passaggio che questo vangelo opera per queste persone è il passaggio tra la loro situazione di impuri peccatori piangenti – che è anche la situazione nostra – in “salvati”. Che è il termine che viene utilizzato spesso e anche in questo vangelo. La donna malata di perdite di sangue è salvata, può andare in pace, può essere sanata dai suoi flagelli. Da quelle cose che la provano nella vita, nella vita di tutti i giorni. Ancora più bella forse l’immagine riservata alla ragazzina che nel momento in cui da morta diventa viva si dice di lei che è in piedi, che viene messa in piedi, che può camminare e che deve mangiare. Sono indicazioni molto concrete di buon senso che ci fanno capire che sì, è effettivamente guarita. Ma sono anche parole importanti del vangelo perché “stare in piedi” è il verbo della resurrezione. Deve essere risorta come Gesù è risorto. Deve camminare come Gesù sta camminando e come i discepoli stanno camminando e come ogni discepolo deve fare se vuole essere discepolo. Infine deve mangiare. Nel vangelo Gesù ha appena detto che i discepoli non digiunano perché sono in festa, sono con lo sposo. Quindi il suo mangiare è partecipare a questa festa di nozze, le nozze dello Sposo. Non è più allora solo la sposa ma anche l’invitata a quel banchetto a cui saranno invitati tutti.

Ci auguriamo una buona domenica.