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don Claudio Bolognesi – Commento al Vangelo del 25 Agosto 2024

Domenica 25 Agosto 2024
Commento al brano del Vangelo di: Gv 6, 60-69

Facciamo un ripasso sui vangeli di queste infuocate domeniche di agosto, in cui abbiamo ascoltato Giovanni. Siamo al quarto grande discorso di Gesù. Dopo l’incontro notturno con Nicodemo, a cui proclami la necessità di rinascere dall’alto.

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Dopo l’incontro con la Samaritana e a cui parli dell’acqua di vita eterna. Dopo la guarigione dell’infermo alla piscina di Betzatà con la rivelazione piena di Te come il Figlio, colui che dà la vita, che – sorpresa! – Ti fa vincere la decisione da parte dei “Giudei” di ucciderti (e siamo solo al capitolo 5 del Vangelo, non abbiamo perso tempo).

Al cap. 6 abbiamo ascoltato della distribuzione dei pani e dei pesci cui segue la camminata sul mare. Non ti salva dalla folla che Ti ritrova a Cafarnao perché Ti vuole fare Re in cambio di pane gratis. Tu invece inizi a parlare del pane del cielo. La prima reazione è che i Giudei “mormorano” di Te. Dopo un po’ “discutono” tra loro – potremmo tradurre “combattono” e sarebbe corretto – su questo fatto cui sono molto sensibili del mangiare la Tua carne e bere il Tuo sangue, uno dei grossi tabù della cultura ebraica. Sembra che il discorso sia finito. Il vangelo c’informa di sfuggita che eravamo nella sinagoga e che le tue parole erano “insegnamenti”.

Impariamo ora che davanti hai tanti discepoli. E che molti tra questi ora sono in crisi. Hanno ascoltato e si chiedono, vista la durezza del Tuo verbo/parola/discorso (lògos), chi possa ascoltarlo. Che di per se è una contraddizione in termini: ascolto e mi chiedo chi può ascoltare – ma io, ovvio! -. Sappiamo che non Ti tiravi indietro davanti alle domande, anche se le Tue risposte non sono mai semplici. Però T’infastidivano le mormorazioni.

Intervieni un po’ a gamba tesa chiedendo se quanto detto li scandalizza. Poi ricarichi la dose: ben più degno di scandalo sarebbe vederTi salire “dove eri prima”. Ci deve fare riflettere: noi certo non ci scandalizziamo, non inciampiamo né davanti all’idea di mangiare il Tuo Corpo e il Tuo Sangue – tanto siamo abituati all’idea della normalità del fare la comunione -. Né inciampiamo al pensiero che sei risorto e salito al cielo. Non è tanto normale. 

Ora parte un inciso un po’ enigmatico che parla dello “spirito” che vivifica e della “carne” che non giova a nulla. Possiamo dire che questi due termini non hanno a che fare con il senso pseudo-filosofico con cui noi li usiamo spesso. Lo “spirito” rimanda all soffio di Dio che aleggia sulla creazione. Si riferisce a ciò che Lui è. Rende l’uomo, su cui l’ha soffiato, un essere vivo in modo speciale, in cui risplendono la Sua immagine e la Sua somiglianza. La “carne” invece siamo noi nella nostra umanità. Un concetto ambiguo: da una parte non è utile a nulla, dall’altra è ciò che Tu sei divenuto per incontrare la nostra inutilità. È quell’inutilità che hai appena chiesto ai discepoli che diventi il loro alimento, ed è il motivo per cui tanti Ti stanno lasciando.

La carne che sale al cielo è il motivo del nostro tradimento e di qui il pensiero successivo. Qualcosa di cui sei da sempre consapevole. È un concetto teologico caro sopratutto a S. Agostino e poi al pensiero evangelico che l’ha estremizzato: perché veniamo a Te bisogna che ce lo doni il Padre. Se non ce lo dona Lui… niente! La fede, il dono di grazia partono sempre di certo da Lui. Noi però crediamo che sia per tutti. Come dice san Paolo nella lettera agli Efesini, sono crollate le barriere spirituali che dividevano gli uomini. Non ci siano più le contrapposizioni noi-voi.

La mormorazione portata allo scoperto fa’ sì che molti dei discepoli si dileguino. Che “vadano da dietro le spalle”, non camminino più con Te. Addirittura senza il coraggio di affrontare la cosa. Un immagine potente, sempre molto attuale. La domanda successiva Tua, e la risposta di Pietro ci commuovono. Qualcuno suggerisce che, siccome Tu sai tutto, stai solo mettendo alla prova i dodici. Non sappiamo…

Il “sapere già tutto” ci sembra semplificativo. In fondo ci avresti salvato anche se fossi rimasto da solo e noi non l’avessimo saputo. Ci sembra quindi di cogliere una nota di sconforto. Del dubbio che accompagna un fallimento. La risposta di Pietro è terribile e insieme meravigliosa: – da chi vuoi che andiamo? -. Non abbiamo nessuno di migliore a cui rivolgerci. Non è un gran complimento. Ma è profondamente, realisticamente e paradossalmente vero.

Non abbiamo nessuno di migliore non perché non l’abbiamo ancora trovato. Ma perché proprio non c’è. Non c’è niente e nessuno di meglio di Te.  Le Tue parole, i Tuoi discorsi sono vita. Ma non la vita… quella che abbiamo già. Che si logora e ci lascia insoddisfatti. Sono “vita eterna”. Non nel senso di qualcosa che dura un tempo infinito. Una vita al 100%.

Qualcosa che è come dovrebbe essere. Placa l’ansia, l’insoddisfazione legata alla provvisorietà, all’incompletezza. Dopodiché Pietro, come spesso gli capita, strafà. Ci è concesso sorridere. “Abbiamo creduto”, primo step, “e conosciuto”, secondo, che Tu sei il Santo di Dio. Pietro, ti vogliamo bene anche per questo desiderio di buttare il cuore oltre l’ostacolo. Ma siamo ancora ben lontani dal credere e poi conoscere. Ci salva, ti salva, il desiderio di farlo.

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don Claudio Bolognesi

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