don Claudio Bolognesi – Commento al Vangelo del 24 Settembre 2023

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Un padrone di casa che proprio ci crede che ne valga la pena di lavorare per lui. Che perde tempo per andare in piazza quasi ogni ora, anche quando ormai è chiaro che si sta facendo tardi. Un padrone che paga regolarmente la sera, secondo quando pattuito. Poi però si complica la vita: è chiaro che se retribuisci il lavoro di chi ne ha fatta tanta di fatica come quello di chi ne ha fatta poca devi aspettarti rivolte sindacali.

Lo sapevamo anche prima di Karl Marx e di tutta la riflessione sulla forza lavoro, sul capitale, il proletariato e via dicendo. Tecnicamente sta solo rispettando il contratto, la stretta di mano che ci si dava un tempo. Che vincolava più di una firma. A questo punto impariamo che, senza essere brusco, anzi rimanendo paziente, il padrone rivendica il diritto di fare delle sue cose ciò che vuole e si dichiara “buono”.

La chiusura per noi cristiani è fondamentale: il ribaltamento primi-ultimi dice la polemica tra ebrei e cristiani. Loro sono i primi noi gli ultimi, quelli che riceveranno la stessa ricompensa perché il padrone è buono. Il testo però rimane sfuggente, ci sono ancora tanti nodi da sciogliere. Perché Tu stai parlando del “Regno dei Cieli”.

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Scopriamo che non è né una cosa, né una dinamica, ma prima di tutto una persona. Dovrebbe essere descritta come “padrone del vigna”, invece il suo primo titolo è quello di “capofamiglia”. Il Regno però non è solo questa persona in sé: lo è nell’atto, quasi un’esigenza interiore, di mandare a lavorare tutti nella sua vigna. Un po’ come le mogli quando vedono marito e figli poltrire sul divano.

Proprio non ce la fanno a non trovare loro un lavoretto. Perché tutti vogliamo che gli altri, quelli che amiamo, siano corresponsabili. Condividere il lavoro significa realizzare il fatto che quello che è tuo è anche loro. Poi, certo, c’è la paga. Ma non è il corrispettivo della quantità di sudore versato. Ricevono “un denaro”, ciò che serve alla loro famiglia per vivere. Se non si capisce questo, si entra nella parte di quell’unico a cui il padrone alla fine si rivolge dicendogli una parola pesante: vattene. Che poi sarebbe “vai sotto” lo stesso verbo che Matteo usa qualche riga prima dopo che Pietro Ti ha detto di non mettere in giro questa storia imbarazzante della crocifissione.

Lì però hanno tradotto “vieni dietro di me”… È l’andare di chi deve imparare a camminare nella Tua via. A questo punto rimane per noi… la maggior parte del lavoro. Perché siamo noi quelli che hanno lavorato un’ora soltanto. Purtuttavia ci sentiamo al contrario come gli unici veramente degni del Tuo Regno. Ma può anche andare bene così. Solo che, se siamo consapevoli di essere gli ultimi, bisogna che ringraziamo e che entriamo nella logica della corresponsabilità. Per cui nel Tuo Regno dobbiamo crederci e sentirlo anche nostro.

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Se invece siamo tra quelli che questa corresponsabilità l’abbiamo già interiorizzata, beh allora bisogna che ci mettiamo in fila dietro a Pietro e impariamo nuovamente e gioiosamente a seguirti.

don Claudio Bolognesi