don Claudio Bolognesi – Commento al Vangelo del 23 Ottobre 2022

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Un caro amico era solito citare sorridendo questa parabola quando, molto spesso, la chiesa in cui celebrava si riempiva solo negli ultimi quattro banchi in fondo mentre i primi rimanevano desolatamente vuoti. Il bello del brano è che ciò che dice il fariseo è credibile. Quelle cose loro le facevano proprio ed era una gran fatica.

Sarebbero da invidiare per la serietà e la fedeltà con cui prendevano gli impegni che vengono dalla Legge. La cosa ancora più bella è che Gesù ci ha “spoilerato” la parabola, cioè ci ha raccontato prima come va a finire e il perché la racconta. La premessa chiarisce da subito che il pensarsi giusti è presunzione. Noi potremmo non esserne proprio convinti; c’è chi potrebbe sostenere che almeno in certi casi è giusto.

Però porta a disprezzare gli altri e questo sarete d’accordo che è un atteggiamento sbagliato. Intanto i due verbi che qui il vangelo di Luca usa “credersi” giusti e “disprezzare” gli altri hanno un’accezione molto forte. Il primo descrive un atteggiamento di fede vero e proprio. Qualcosa che, veicolato dalle parole di altri, diventa strutturale nella vita. Un verbo tristemente presente in altri brani evangelici quando si parla di quella convinzione che porta la folla a lapidare chi va contro il suo credo.

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La parola “disprezzo” ha un significato simile all’italiano. Il senso va verso una diminuzione del prezzo, uno sminuire il valore dell’altro. Nel testo però è più forte, arriva al significato di cancellare, ridurre proprio a zero. Ciò che ha sempre colpito però chi ascolta queste parole è l’assoluta assenza di conseguenze che ha il dono della “giustificazione” donata al pubblicano. Non si racconta che questi come Zaccheo abbia cambiato vita.

O che come Matteo sia divenuto  discepolo e testimone dopo aver lasciato lì il suo banco delle imposte. Il termine “giustificato” nel linguaggio del Vangelo descrive il dono di Dio. Che è la parte fondamentale della salvezza ma non la esaurisce. Rimane aperto il problema della ricezione. Quella salvezza va accolta, deve trovare posto nella nostra vita. Il fatto che il pubblicano veda se stesso in modo realistico – l’umiliazione significa questo, noi siamo humus, fatti di terra – fa ben sperare. In fin dei conti qual è il problema di fondo di questo Vangelo?

Che Gesù lo racconta a chi è intimamente convinto di essere giusto e poi di fatto viene letta a noi. Che rifiutiamo di vederci come quel fariseo ma non vorremmo neanche identificarci nel pubblicano. Non ci vengono lasciate però alternative. Il progetto di Gesù di ribaltare tante nostre convinzioni che non hanno nulla di evangelico, prosegue.

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don Claudio Bolognesi