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don Claudio Bolognesi – Commento al Vangelo del 20 Ottobre 2024

Domenica 20 Ottobre 2024
Commento al brano del Vangelo di: Mc 10, 35-45

Due movimenti. Il primo è sospetto: i due che “si avvicinano” tra l’altro sono pezzi grossi. Secondo alcune tradizioni anche Tuoi parenti, Giacomo e Giovanni. “Vogliono” che Tu “faccia quello che Ti chiederanno”.

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Ora… c’è qualcuno che ancora oggi di fronte a questa domanda s’indigna. Niente di nuovo. Hanno iniziato a farlo subito, gli altri, che erano presenti. Noi siamo ancora lì a finire il lavoro. Ci sembra che possa esserci anche un’altra reazione: la tenerezza.

Ma sì, non vi sembra quello che fanno i bambini quando devono chiedere qualcosa di grande ai genitori: – … vero che lo farai quello che ti sto per chiedere? -. Anche l’uso sconsiderato del verbo “volere” ci fa tornare alla memoria la mamma, la nonna che ci ripetevano: – l’erba voglio… – e noi si finiva la frase. Abbiamo capito!

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Il secondo movimento è parallelo, simile, ma profondamente diverso. Tu “li chiami a Te”. È il verbo – meraviglioso – della chiamata vocazionale. Contiene non solo l’idea del venire, ma la meta e il senso di vicinanza: devono arrivare proprio vicini, come figli sulle Tue ginocchia.

Parti dalla loro esperienza: – voi sapete cosa fanno i capi: opprimono -. Cioè esercitano un potere che porta giù gli altri. Fanno sì che sentano di avere un padrone, uno più in alto. È ciò che vogliamo? No, di certo! Se fossimo sinceri dovremmo dire esattamente il contrario. Certo che è ciò che vogliamo!

Tutti noi che abbiamo paura di valere di meno, di essere meno amati, meno degni del Tuo sguardo, della Tua amicizia, non vediamo l’ora di rifarci sugli altri. Se però abbiamo fatto il percorso che ci porta vicino a Te, queste paure lasciano piano piano il posto al Tuo amore.

Ora parli al presente, stai rivolgendoti a ciascuno di noi in questo esatto momento della nostra vita. Racconti un’evidenza, la realtà dei fatti. Non dai indicazioni né raccomandazioni: – tra voi non è così -.

Non è un peccato voler essere grande, cercare di diventare i primi. La finta umiltà di chi si butta via è una trappola diabolica. La santità è un desiderio di grandezza. Il problema è solo avere ben chiaro di quale “grandezza” stiamo parlando.

È quella di chi, invece di volere rendere gli altri piccoli, sceglie di fare quello che hai fatto Tu: di renderli “grandi”.

Segue una delle frasi centrali del Vangelo di Marco, ci vorrebbe una musica adatta e poi il silenzio. “E infatti” – su queste parole che stai per dire si regge il Tuo annuncio, la Buona Notizia che porti – Tu sei venuto per servire, non per farti servire.

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Non hai bisogno che Ti serviamo, sei già grande di Tuo. Noi non aggiungeremo nulla. Sei Tu che aggiungi qualcosa, tanto, tutto, a noi. Vuoi che aggiungiamo, che ci facciamo crescere gli uni gli altri.

La parola “servo”, diacono, è tra le più sacre del Vangelo. Viene utilizzata solo per descrivere Te e, curiosamente, l’anziana suocera di Simone che hai guarito all’inizio del Vangelo. E le donne che Ti piangono ai piedi della croce dopo averti seguito come discepole e servito, come ci tieni a ribadire.

Se a “grande” viene associato “diacono” – servo – a “primo” l’evangelista associa “doulos” – schiavo -. Una delle parole preferite di San Paolo. Servirà, é il vangelo che usa il futuro, anche a descrivere noi.

don Claudio Bolognesi

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