È un vangelo misterioso quello di questa domenica. Tu Gesù sembri scontroso, quasi maleducato. Non siamo abituati a sentirti così. Prima a questa povera donna non rivolgi “neppure una parola”… Ma come? Poi, indirettamente, sì ma vabbè, le dai del “cagnolino”. Del “cagnino di casa”. E non è che i discepoli ci facciano una figura di molto migliore. Quello che dicono equivale a un “dai, falle quello che chiede, così ce la leviamo dai piedi”.
L’unica che ci fa bella figura è proprio lei, questa donna Cananea. Che non molla, manda giù, l’offesa, lotta e non si arrende fino a chè non ottiene quello che vuole. Che Ti chiama per tre volte “Signore” che nella Bibbia è una parola di quelle pesanti, ci traduciamo il tetragramma divino. Che si merita anche i Tuoi complimenti, mica roba da tutti i giorni.
Non ci meravigliamo che la spiegazione classica voglia quasi scusarTi. “Sì, ma lì Gesù sta mettendo alla prova la fede della donna. Perché una preghiera per essere accolta deve essere determinata. Chi chiede deve essere umile, depositare l’orgoglio…”. L’accettiamo, è vero. Ma non ci soddisfa del tutto. Capiamo perché oggi tanti preferiscano sottolineare il carattere educativo nei confronti dei discepoli che nasce dai gesti, dalle parole e dai Tuoi silenzi.
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Hanno bisogno di superare la mentalità ebraica per cui gli altri popoli non è che possono andare anche a quel paese, ma quasi. La salvezza che viene da Dio è una questione a due tra Dio e il popolo eletto. Sarà uno dei grandi problemi da affrontare nei primi anni del cristianesimo fino a che Paolo non insegnerà agli Efesini – e a noi – che in Te ogni divisione salta, è superata. E scrivendo ai Romani rivelerà che non solo l’obbedienza d’Israele ci ha donato Te, ma il rifiuto ha permesso a noi d’incotrarTi e ci sarà un incontro finale che sarà una festa… una di quelle che verrà la pena di esserci.
Tutto bello, si ma… Anche qui siamo soddisfatti ma non del tutto. C’è una possibile terza via. Per quegli spericolati che non si scandalizzano a pensare che nella Tua umanità anche Tu le cose le hai dovute imparare, così come noi. Certo, meglio di noi, prima di noi, ma essere uomini non significa essere nati sapendo già tutto. La possibilità è allora che proprio questa donna, disperata, nel suo dolore Ti abbia aiutato – proprio lei aiuta Te – a capire meglio la Tua missione, l’orizzonte a cui il Padre Ti ha mandato come Messia e Salvatore. Le cose le avrai dovute pur imparare anche Tu, in un modo o in un altro…
Crediamo che queste tre possibili interpretazioni non debbano essere messe necessariamente in conflitto. Che una non escluda le altre. In fondo ci dicono tutte qualcosa di buono, di importante per la nostra fede. Potremmo però aggiungere qualche considerazione.
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Al primo versetto si dice che Tu “esci”, Ti ritiri a Tiro e Sidone. Ma anche la donna fa lo stesso: esce, si ritira davanti a Te. Del fatto che lei, una straniera, un’infedele usa proprio il termine giusto per riferirsi a Te, Signore, abbiamo già detto. Lei è “duramente demonizzata”. Lasciate stare film, fantasie e paure. Chiunque da genitore abbia visto i propri figli cambiare improvvisamente, buttare via la vita credo che abbia pensato questa cosa. Ma anche Tu devi prenderTi cura delle “pecore distrutte completamente” della casa d’Israele.
E se Tu Signore sei “Kùrios”, lei è “kunàrion”, piccolo cagnolino di casa. C’è chi dice che tre indizi fanno una prova (non è un gran metodo esegetico, lo sappiamo) figuriamoci quattro, però ci viene di pensare che quelle “pecore distrutte” saranno salvate solo quando diventeranno figli.
Proprio da quel pane che cade dalla tavola. Proprio da un Dio che non si è vergognato di farsi nostro fratello, da dei discepoli zucconi e dal cuore indurito. Dalle tante madri che hanno pianto per i propri figli offrendoteli. Da chi si è rifugiato in Te, senza smettere di pregarti anche contro ogni evidenza. Da chi ha meritato la Tua ammirazione.
don Claudio Bolognesi