Non amiamo molto i “ritagli”, le scorciatoie. Quando i Vangeli presentano la possibilità di una “forma breve” di solito ci guardiamo bene dall’utilizzarla. In questo brano mancano i primi versetti del capitolo 16. Probabilmente perché ripetono concetti già espressi come la promessa del Paraclito e poi parlano delle persecuzioni che le prime comunità subirono dall’ebraismo ufficiale.
In realtà questo modo ripetitivo di argomentare, tipico del vangelo di Giovanni, è un vero e proprio metodo espositivo. La ripetizione, necessaria quando si ascolta, diventa però faticosa nel leggere (però il Vangelo è nato per essere proclamato, non letto da soli). In ogni caso non è fine a se stessa, è sacrosanta, serve per far penetrare più in profondità la Parola.
Non è un cerchio che si ripete all’infinito ma una spirale, come una vite che giro dopo giro vuole piantarsi più in profondità non solo nella nostra mente, ma anche nel cuore, nella vita. Inoltre non è mai una ripetizione e basta; ad ogni giro si arrichisce di termini, di contenuti nuovi. Appunto: si approfondisce.
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Per tutto questo non ci piace tanto questo “taglio” e non vi meraviglierete se teniamo presente anche la parte mancante. Nel Vangelo di Pentecoste Tu Gesù annunci la venuta del “Paraclito”. Questo è un termine che ai Tuoi tempi indicava una persona “chiamata vicino”, una sorta di avvocato difensore. Nel Vangelo gli assegni compiti chiari: rimanere con noi per sempre (14,16). Insegnarci ogni cosa e ricordaci tutto ciò che ci hai detto (14,26).
Testimoniare riguardo a Te (15,26 il nostro brano). Dimostrare al mondo la colpevolezza riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio (16,7-8). Solo perché ci piace e ci sembra appropriato aggiungiamo ciò che dice san Paolo ai Romani (8,26-27), che lo Spirito intercede per noi presso il Padre. Di questo Paraclito qui si dice che è “Spirito di verità”. Cerchiamo di non dare per scontato nulla. Lo Spirito è qualcosa che Ti accompagna dall’inizio del Vangelo.
Ha a che fare con la presenza di Dio su di Te, ed è la nuova forza da cui dobbiamo rinascere. “Verità” è uno dei grandi termini del pensiero biblico, ha a che fare con “amen” che ripetiamo quando preghiamo. Il termine ritorna 245 volte in tutta la Bibbia e ben 45 volte nel solo Vangelo di Giovanni. Potremmo dire che è la corrispondenza tra pensiero, parola e realtà, nel loro aspetto esteriore e nei loro significati.
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Al pensiero moderno che la considera relativa e perlomeno frantumata (ma già alcuni filosofi antichi l’avevano capito) l’idea fa un po’ ridere: siamo tutti figli di Pilato che si chiede (ma non lo chiede a Te) cosa in realtà sia. Il Vangelo di Giovanni lo ripete in tutte le salse: la verità è ciò che viene per mezzo Tuo (1,17). È ciò che Ti accompagna – in verità in verità vi dico -. Tu sei la via, la verità e la vita (14,6). A questo punto vediamo che il Paraclito, Spirito di Verità, viene dal Padre.
E testimonia di Te. Quindi non sei Tu è qualcosa di altro, pur essendo intimamente legato, emanazione Tua e del Padre. Guida verso la verità, “intera”. In un mondo in cui esistono infinite verità crediamo che possa rimanere estremeamente affascinante il pensiero di una verità non “unica”, ma “intera”. Capace di dirci “tutto” ciò che ha udito, quel “tutto” che fa sì che Tu ci chiami amici. Che prenda su di sé il presente e il futuro.
Che non abbia paura di mostrare il peccato, ciò che manca all’amore (se ne parla nei versetti saltati). Che Ti “glorifichi” cioè sia il presupposto perché possiamo incontrarTi per ciò che sei. A questo punto facciamo un ultimo passo, ma indietro. Non è solo lo Spirito a darTi testimonianza, ma sono anche i discepoli, qualli che “sono con Te fin dal principio”, quelli perseguitati . È chiaro che non si parla solo di alcune persone, fondamentali. La loro testimonianza è ormai lontana.
Si parla della comunità cristiana nel suo insieme, al di là dei limiti di spazio e di tempo. La comunità gloriosa che riunisce chi ora cammina sulle strade del tempo e chi già Ti contempla nella definitività della gloria. Per celebrare la Pentecoste bisogna essere un po’ contemplativi. È un gran viaggio, amici. Ma di quelli che vale la pena di fare.
don Claudio Bolognesi