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don Claudio Bolognesi – Commento al Vangelo del 16 Febbraio 2025

Domenica 16 Febbraio 2025 - VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C
Commento al brano del Vangelo di: Lc 6,17.20-26

Quando pensiamo alle Beatitudini ci viene più facilmente in mente il racconto magnifico e solenne del vangelo di Matteo, al capitolo quinto. Tu sul monte, nuovo Mosè, poni il fondamento della nuova legge. Il Vangelo di questa domenica riporta invece la versione di Luca. Apparentemente simili, ad una lettura appena più attenta ci accorgiamo che cambia molto, al punto che sembra la narrazione di un un episodio diverso. 

Siamo in un luogo pianeggiante, laddove Matteo raccontava di una montagna. Si specifica che da quella montagna, da dove hai scelto i dodici, sei sceso. Qui le beatitudini sono quattro, in gergo tecnico vengono dette “macarismi” – dalla parola greca tradotta in “beati” – mentre in Matteo sono otto più una. Sono seguite da quattro “guai!” che saltano immediatamente all’occhio, anche perché ci fanno innervosire, e sono lì per quello.

L’altra differenza che salta subito all’occhio è l’utilizzo del pronome personale “voi”. In Matteo proclami beati otto categorie che sono da definire, ed è possibile farlo solo a partore da Te. Sei Tu che Ti sei fatto povero, donando lo Spirito a noi. Sei Tu che piangi sopra il Tuo popolo, colui che è mite ed umile di cuore, il misericordioso che porta la pace. In buona sostanza sei Tu “beato” e se siamo in Te lo divenimo anche noi. L’ultima beatitudine, la nona, si rivolge ai discepoli, alla comunità perseguitata, ed introduce il “voi”. 

Termine che invece è il protagonista nel racconto di Luca. Non a caso hai appena chiamato i dodici e si dice che Ti rivolgi proprio a loro. Implicitamente quindi parli anche a tutta la comunità, e quindi a noi. L’evangelista ha già di fronte una chiesa perseguitata e che, convinta del Tuo imminente ritorno, in alcune città ha forse addirittura scelto di rinunciare ai beni materiali per poi andare finanziariamente in crisi – san Paolo lancerà la prima grande colletta del cristianesimo a favore della comunità di Gerusalemme -. 

La comunità che annunci nel terzo Vangelo è però sempre e comunque una realtà povera, che conosce le lacrime e il bisogno, assieme alla calunnia. Un po’ il contrario di quello che tanti di noi vorrebbero, di quello che molti hanno cercato di costruire nei millenni. 

Per poter dire “beati voi poveri” però ci sono almeno due condizioni: la prima è di essere scesi dal monte. Al punto che hai bisogno di alzare gli occhi verso i Tuoi discepoli. Certamente… si può dire “beato” a chi piange, ha fame, è calunniato solo se si è più in basso, se si è più povero. Dirlo dalla cima del monte, dall’alto di un trono o di una cattedra non è credibile, fa venire giustamente voglia di scatenare la rivoluzione proletaria. 

La seconda condizione è che non venga a mancare la speranza. Che è già qualcosa di vivo nel nostro presente, lo chiami il “Regno di Dio”, è già il nostro oggi. La speranza che ci doni però è legata ad una promessa – non è qualcosa che ci siamo inventati noi per illuderci e illudere i poveri su di un futuro migliore -. Sei Tu che metti in gioco la Tua credibilità, la credibilità del Tuo amore, promettendo una ricompensa di gioia. Vorremmo dire che ci basta poterti amare nel presente, che non abbiamo bisogno di una ricompensa. Curiosamente la fede della Chiesa da secoli ci insegna che l’amore – anche quello per Te – invece ne ha bisogno. Abbiamo necessità di saperci amati. E proprio perché amati sappiamo che grande sarà il Tuo dono.

don Claudio Bolognesi

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