Diamo per scontato che le feste di nozze siano il top dei top. Soprattutto per una cultura antica, povera, in cui le occasioni di festa erano particolarmente apprezzate. Non a caso è un’immagine che spesso ritorna nella Bibbia per parlare della gioia, del regno dei cieli. Allora abbiamo un problema perché alcuni di noi appartengono alla schiera di chi è rimasto bambino e ai matrimoni si annoiava mortalmente.
Non ci si poteva neanche sporcare facendo marachelle con i coetanei. L’altro problema è che anche la storia del re che festeggia il figlio ad alcuni sta stretta. I re non sono sempre così simpatici, mentre quelli che vanno ai loro affari li capiamo (splendido nel passo parallelo di Luca quello che deve provare le cinque paia di buoi appena acquistati – che diamine, il trattore nuovo non muori dalla voglia di farlo andare?).
Se poi ci aggiungi la città data a fuoco, qui il senso di disagio si aggrava. Non ce la facciamo più a guardare le immagini di città abitate da persone che si assomigliano – siamo fratelli, divisi solo da righe che abbiamo immaginato noi su di una carta geografica – che bruciano. Pensare che basti l’aver rifiutato di sedere al banchetto del re… è imbarazzante. Mentre invece siamo solidali davanti a questo nuovo banchetto simpatico fatto “di cattivi e di buoni”. Sentiamo che c’è un posto anche per noi.
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Anche qui però è più facile dirlo che farlo. Provate voi ad andare a un pranzo e sedervi di fianco a chi puzza, fa rumore, dice banalità magari anche in modo aggressivo. La caratteristica dei cattivi è… che sono cattivi. Ce la caviamo solo mettendoci a servizio. La storia di quello senza l’abito nuziale poi è la ciliegina sulla torta. Noi cerchiamo di sistemarla raccontando che – è vero! – i re quando ti invitavano ti regalavano anche l’abito da fare bella figura, ma rimane imbarazzante.
Possiamo sempre risolverla in modo allegorico, le possibili interpretazioni liturgiche, spirituali e morali sono meravigliose. Si, ma… legarlo mani e piedi e buttarlo fuori? Proprio proprio? Perché poi gli eletti sono pochi? Certo che dobbiamo tenere sempre aperti i diversi piani di lettura. Ringraziamo chi studia in modo analitico la Tua Parola che tra l’altro ci dice che nella città data alle fiamme forse c’è l’eco di chi vide la distruzione di Gerusalemme. Il contesto poi ci ricorda che Tu, Gesù, stai parlando ai sommi sacerdoti e ai farisei che stanno cercando di impadronirsi di Te. Tu certamente non scappi.
Non Ti nascondi dietro un dito. A loro (e al fariseo che è in noi) non interessa indossare quell’abito nuziale che regali a ciascuno il giorno del battesimo e che definisce la nostra nuova identità di figli adottivi, di testimoni dello Sposo. Però non riusciamo a smettere di pensare che ogni lettura del Vangelo ci parla prima di tutto di Te e non possiamo capirla se non a partire da Te. Che quindi in mezzo alle fiamme di ogni città che brucia ci sei anche Tu, che bruci con noi.
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Che sei Tu colui che è stato spogliato delle vesti ai piedi della croce. Che sei Tu quello che è stato legato mani e piedi come dice il salmo 22 e poi inchiodato su quel legno. Infine gettato nelle tenebre del sepolcro, disceso nel profondo degli inferi. Ma sei Tu ugualmente Colui che da quelle tenebre è risorto. Rivestito d’immortalità, portandoti dietro tutti noi. Sei Tu l’Unico, l’Eletto e a noi questo basta.
Perché si è eletti per tenere aperta la porta del cielo, perché questa festa di nozze fallita si trasformi nella festa della gioia senza fine. Allora sì – basti Tu. Se poi ci concedi l’onore di servire a quel banchetto, di tenerla aperta con Te quella porta… ti possiamo dire solo – grazie!
don Claudio Bolognesi