La comunità che celebra la Pasqua, che Ti incontra Risorto e che è autorizzata a parlare a tutti i popoli di Te (ricordate il vangelo della Trasfigurazione?), anzi è espressamente invitata a farlo, vive la centralità del rapporto con le Scritture.
Per la seconda volta nel giorno di Pasqua ribadisci che tutto quanto è scritto ed è Parola di Dio va riletto considerando Te come suo compimento. Per questo è necessario che Tu ci apra la mente perché possiamo comporre il quadro che tiene insieme tutta la Sacra Scrittura con Te al centro.
Quella comunità – che siamo noi – è incaricata di annunciare la possibilità di una vita nuova, di un nuovo inizio “nel Tuo nome”. Con la Tua forza, a partire da Te. È il “kerigma”, il primo annuncio sempre fondamentale della fede. A quella comunità chiedi per prima cosa di imparare a “narrare” ciò che accade lungo la via della sua vita e di come è proprio lì che T’incontra, Ti riconosce.
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Non è solo una narrazione. Il vangelo usa il verbo “fare esegesi”, diventare capaci di uno studio profondo di qualcosa di vivo e vitale. La seconda cosa che dobbiamo imparare è che Tu sei presente, Tu “stai” in mezzo a noi. Sei stabile, sei nelle nostre relazioni, sei là dove la nostra vita nasce, dove trova il suo equilibrio e in ciò a cui tende realmente, anche se spesso non ne siamo consapevoli: dov’è il nostro mezzo, il nostro “cuore”.
Non a caso l’incontro con Te Risorto scatena emozioni: terrore, paura, meraviglia, gioia. Sono gli elementi della nostra vita reale. Non di quella solo pensata in cui crediamo di riconoscerci in una involontaria (ma a volte colpevole) ipocrisia. Di fronte alla scoperta della realtà di ciò che siamo tu chiedi solo di deporre turbamento e dubbi.
Di riconoscere cioè gli ondeggiamenti che ci fanno dipendere da un bene e un male umorale. Di prendere le distanze da un dubbio che è un perdersi in un dialogo interiore sterile, senza riferimenti, condivisioni e crescita: i dubbi-passatempo. La Tua presenza non è quella di uno “spirito”, di un fantasma, di un idea o un ideale.
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Ma di una persona fatta di carne di ossa. Capace di mangiare, anche se non sei più colui che sfama le moltitudini ma quello che chiede di essere sfamato. A questo punto “apri la nostra mente all’intelligenza delle Scritture”. Cosa vera solo se applicata a tutta la comunità, ad ogni singolo credente nella storia solo considerato in comunione con tutti gli altri. All’interno della realtà attuale solo la comunità nella sua interezza può comprendere, può mettere insieme tutta la Scrittura.
Un passaggio finale: l’ultima Tua parola in questo brano si apre con un “così sta scritto”. Segue una citazione non letterale ma a senso del capitolo 53 di Isaia. Poi una letterale di Osea 6. Ma dalla virgola in poi quella che sembra una citazione in realtà non lo è. È qualcosa di nuovo. Un capitolo ancora non scritto della Parola di Dio, quello che diventeranno gli Atti degli Apostoli.
L’annuncio nel Tuo nome della conversione e del perdono nello spazio che ha Gerusalemme al centro e come destinatari tutti i popoli. Il ruolo di testimoni che affidi alla prima comunità – ma anche a noi che leggiamo ora – copre tutto intero l’arco: passione, resurrezione, annuncio…
don Claudio Bolognesi